lunedì 31 marzo 2014

Le bassezze dell'Alta società. Capitolo 16. Roberto e Giulia.



Rientrarono nell’appartamento degli ospiti.
Roberto pareva intenzionato a voler sapere tutta la verità, almeno per quel che riguardava la versione di sua madre.
Giulia ne era consapevole.
Tutta la vita di una donna…
Guardò il figlio negli occhi, mentre si sedevano intorno al tavolo della cucina.
Lui ha già capito... ma vuole sentirlo raccontare da me…vuole trovare le motivazioni, le cause…le colpe…
Ma il viso del figlio non era severo: non sembrava quello di un giudice, quanto piuttosto quello di uno psicologo.


«Forse» incominciò Giulia, e si schiarì la voce «…forse, dopo che avrai saputo tutta la storia…tu potresti…come dire…avere motivo di arrabbiarti…sì…perché io ho preso delle decisioni che hanno influito anche sulla tua vita e…»
Il figlio le prese la mano:
«No, fermati…non devi avere paura. E' vero, io ho un'indole collerica, purtroppo, ma sai anche che  dopo quei cinque minuti di rabbia, alla fine mi calmo, e rifletto e cerco di capire, e se è possibile, persino di perdonare…»
Giulia annuì, con una sfumatura di sorriso, ma anche di tristezza.
«Sì, ma questa volta è diverso…vedi questa volta non si tratta di una delle nostre solite discussioni per una questione da niente…no…questa volta è una cosa seria. Si tratta di una intera vita, la mia e la tua»
«Lo so»
Giulia lo fissò: Sì, lo sa…sa già tutto…
«Ma tu avresti preferito una vita diversa»
Il figlio rimase in silenzio, come se non fosse convinto della verità di quella frase.
Giulia colse quel dubbio e sentì che non tutto era perduto.
«Guardati attorno: la Villa, i campi, la servitù…chi non vorrebbe nascere ricco e privilegiato?»


«Ma tu hai detto che gli Ozzani erano sull’orlo del fallimento» obiettò Roberto, ma con il tono tranquillo di chi già pensava di conoscere la risposta e le sue implicazioni.
«Sì…i soldi…eh…perché senza i soldi, la nobiltà, la Villa, la servitù…senza i soldi…» c’era rabbia nella voce di Giulia, rabbia contro quel maledetto primato dell’economico su tutto, anche sugli elementi basilari della dignità umana, e della vita.
«E tu dei gran soldi non ne avevi. Mentre quell’altra, quella che lui ha sposato…»
Giulia annuì.
Che squallore! Come posso far accettare a mio figlio che tutto è dipeso dal denaro…
Non era vero del tutto. C’era stato qualcosa di più: a distanza di tanti anni ella ancora sapeva che c’era stato amore vero, che qualcosa di importante era successo, qualcosa che meritava più rispetto…
«Lui non era così venale. E nemmeno Virginia, lei mi voleva bene, a modo suo. Credo che non sia stata solo una questione di soldi»
«Vuoi dire che Alessio Ozzani era veramente innamorato di quella, come si chiamava sua moglie…»
«Esther Rubini. Certo suo padre era il direttore della banca e lei molto attraente, e ci sapeva fare con gli uomini, ma queste cose contavano relativamente per Alessio. Lui era molto legato alle tradizioni di famiglia e quelle, almeno inizialmente, giocavano a sfavore della famiglia Rubini. Il direttore Davide Rubini era ebreo. Apparteneva alla classica famiglia di religione ebrea che aveva influenza in ambito finanziario. Nel suo piccolo, era una specie di David Rockefeller, o uno dei vari esponenti della famiglia Rothschild.


<<E gli Ozzani avevano dei pregiudizi contro gli ebrei?>>
Giulia scosse il capo:
<<Ufficialmente no, ma sai come vanno queste cose... gli Ozzani pensavano che se si poteva evitare di imparentarsi con loro, era meglio... e la loro esposizione debitoria non era al momento così allarmante da far pensare che la Bancaccia e i suoi dirigenti potessero influire sulle scelte matrimoniali dei Conti di Fossalta. No, ci sono state altre ragioni, che si sono aggiunte. Ragioni interne alla dinastia. Invidie, gelosie, rancori... tutte queste cose hanno fatto pendere il piatto della bilancia contro di me>>
Il figlio aggrottò le sopracciglia:
 «Ma Virginia ti voleva bene!»
Giulia sgranò gli occhi e alzò la voce: 
«Troppo bene… era possessiva, sia con me che con suo fratello»
Il volto del figlio mostrò nel contempo sorpresa e stupore.
«Era gelosa di voi?»
«Sì... no... non lo so»
Giulia arrossì e abbassò lo sguardo:
 «Virginia voleva essere al centro dell'attenzione…»
«Posso immaginare. Però ciò non spiega molto»
Giulia scrollò le spalle: 
«Non c’è mai una sola causa nei fenomeni. Soprattutto quando c’entrano cose come l’amicizia, la parentela, i sentimenti… il sesso, e sì, anche i soldi»
«I soliti moventi»


Quel commento del figlio ferì profondamente la madre.
E’ così che vedi l’esito di questa vicenda? 
Le speranze con cui aveva incominciato il discorso la abbandonarono tutte in una volta.
«C'era qualcosa di più!» esclamò con enfasi «Erano coinvolte altre famiglie, con motivazioni molto meno chiare e interessi che toccavano questioni oscure, che io stessa fatico a capire ancora oggi. Era un groviglio di mali, di stranezze… io invece volevo una vita normale, io credevo…» esitò e abbassò la voce «credevo che fosse la cosa migliore per tutti».
Il figlio la fissava con aria imperturbabile.
Lui vuole sentirlo dalla mia bocca…
«Anche per te! Loro non sapevano che ero incinta. Lo dissi solo a mia madre e a una loro parente, che è ancora in vita. Furono loro che mi proposero come soluzione il matrimonio con tuo padre, anzi il tuo patrigno…» deglutì «Io potevo rifutare, e invece decisi di accettare, e lo feci perché volevo a tutti i costi dare a mio figlio una vita normale!»
Giulia temette un’esplosione d’ira del figlio, invece Roberto si limitò a sospirare.
«Ho sempre sospettato che Sergio Bruni fosse solo il mio patrigno. Eravamo troppo diversi in tutto. L'essere figlio di Alessio Ozzani spiega molte cose del mio carattere. Però non capisco perché tu non abbia detto ad Alessio e a Virginia che eri incinta. Tu dici che non sapevano, ma io mi chiedo: forse facevano solo finta di non sapere?>>



<<Diciamo che almeno Virginia ne era quasi sicura. Alessio poteva sospettarlo. Entrambi potevano chiedere! Ma sarebbe stato uno scandalo…la fine del fidanzamento con Esther Rubini, la rivelazione di tutta la trama di rapporti finanziari e politici che teneva in piedi la ragnatela di potere di alcuni oscuri personaggi. Sarebbe stata la rovina definitiva della famiglia! Ero questo io per loro. E lo saresti stato anche tu…»
Giulia non aveva il coraggio di guardarlo in faccia.
Roberto aveva ben chiaro il concetto, ma se erano esistiti dei rischi, un tempo, si poteva dire o no che questi rischi erano estinti?
«Capisco che ora Virginia abbia bisogno di me perché sono l’unico erede maschio della linea primogenita…l’unico che può perpetuare il “glorioso” nome degli Ozzani di Fossalta. Ma immagino che gli altri possibili eredi costituiscano ancora un grande pericolo»
Giulia annuì:
<<Parte di quel pericolo potrebbe esistere ancora. Tutto dipende da cosa ci dirà Virginia. Sicuramente lei ha una visione più completa della situazione. Io posso solo cercare di indovinare quali siano stati i singoli ruoli dei vari personaggi che hanno influito su questa storia>>
Una parte dei fatti, comunque, era stata rivelata.
Giulia e Roberto ci avevano girato attorno come a un fuoco pericoloso, per non scottarsi.
Ma quel fuoco era lì, che ardeva come la rabbia in mezzo alle tenebre della paura e della vergogna.
«Io credo…» incominciò il figlio con una voce che pareva giungere da infinite lontananze «…credo di avere bisogno di tempo per riflettere…per valutare…e…»
Lasciò il discorso in sospeso, si alzò e poi si abbandonò sul divano.
Giulia a sua volta si diresse verso la camera da letto.
Mentre si stendeva, esausta, sentì la voce del figlio.
«Virginia ci deve molte spiegazioni. E solo dopo, quando tutto ci sarà chiaro…io e te ne riparleremo»
Non c’era nessuna rabbia, nessuna animosità: solo un senso di delusione, di stanchezza, quasi di umiliazione.
Rimasero così a lungo, entrambi, a riflettere, ed erano, quelle, le meditazioni della vita offesa.




Suddivisioni dell'Europa in base a stereotipi e pregiudizi

20 ways to slice the European continent from Atlas of Prejudice 2 by Yanko Tsvetkov.

La fiamma di Atar. Capitolo 13. Il Serpente Rosso.



Sotto la firma del presunto autore della Flamma Ataris, c'era un simbolo molto particolare.
<<Un serpente rosso>> commentò Luca Bosco, sempre più sconcertato.
Per quanto fosse perplesso nei confronti di tutto ciò che la scienza ufficiale non considerava attendibile, non poté fare a meno di  ripensare al significato esoterico di quel simbolo.
<<Secondo il pensiero esoterico, o almeno una parte di esso, questo simbolo indica una Dinastia o forse un insieme di Dinastie, destinate a dominare il mondo intero. Il rosso indica il Sangue Reale, che per alcuni, come ormai è noto, corrisponde al santo graal. Altri hanno usato un nuovo termine: i Fiumi di Porpora. Dietro a questi simboli esiste qualcosa di molto simile all'eugenetica. Quando conobbi Virginia Dracu, lei mi disse che anche io appartenevo a questa stirpe e che a tirare le fila di tutto ci fosse la confraternita della Fonte Sacra>>
Il direttore della biblioteca, Massimo Ferrante, annuì:
<<E' sulla buona strada, dottor Bosco. Ormai sono passati alcuni anni dalla morte di Virginia Dracu e credo che lei sia pronto per una conoscenza più approfondita dei Misteri, una sorta di nuova iniziazione, per conoscere meglio chi sono gli Iniziati agli Arcani Supremi. Continui ad esaminare il testo. Le prometto che questo non cambierà nulla riguardo al suo attuale livello di sicurezza. E' mia convenienza che lei sia in buona salute e operativo>>



Almeno per il momento. Pensò Luca, ma non lo disse.
Tornò all'analisi del testo che aveva davanti a sé.
<<Il testo è scritto in latino, ma il contenuto del primo paragrafo doveva essere stato scritto originariamente in una lingua ormai estinta da millenni: l'avestico. La citazione iniziale infatti è tratta dal primo Yasna dell'Avesta, il libro sacro del Mazdeismo.
"Nel nome di Dio:
Ashem Vohu. Mi professo adoratore di Mazda, seguace di Zarathustra, nemico dei daeva, e dichiaro di accettare la legge di Ahura. Per lo Havani.
Ad Atar, il Fuoco, figlio di Ahura Mazda. A te o Atar, figlio di Ahura Mazda, mi rivolgo allo scopo di propiziazione, culto, adorazione e lode">>



<<Dunque il culto di Atar viene correttamente inserito nel suo contesto, all'interno della religione zoroastriana, o mazdea. Questo è compatibile col fatto che Alessandro Magno, o chi per lui, abbia preso visione di una copia dell'Avesta conservata in una delle capitali dell'Impero Persiano. Mi chiedo però come mai Alessandro, che voleva ellenizzare il mondo, accettò come dato di fatto un elemento della religione del nemico>>
Il direttore Ferrante si accigliò:
<<Lei mi delude, Bosco. La credevo più agile nei collegamenti>>
Luca sorrise:
<<Le mie deduzioni non avvengono con leggerezza. Questo distingue un esperto da un dilettante>>
Il direttore ricambiò il sorriso ironico:
<<Ha la risposta pronta, vedo. Bene, allora mi dimostri di essere capace di deduzioni da esperto! Le ricordo comunque che Alessandro non voleva ellenizzare il mondo, ma creare un sincretismo tra il mondo ellenico e quello orientale. La grande sintesi ellenistica>>
Bosco annuì, per quanto gli sembrasse una frase tratta di peso da un manuale Bignami.
<<In questa prima pagina abbiamo visto che sono stati presentati due simboli, il Serpente Rosso e il Fuoco Sacro. Abbiamo stabilito la correlazione del primo col Sangue Reale. Credo inoltre sia possibile che quel simbolo fosse presente nei misteri di Samotracia, a cui la madre di Alessandro, Olimpiade, regina di Macedonia e principessa reale dell'Epiro fu iniziata in giovane età. Tenendo presente dunque il sangue e il fuoco e il simbolo del grande serpente, che al di fuori del mondo greco era conosciuto anche col nome di drago, noi abbiamo un riferimento dinastico ad una stirpe simboleggiata da un drago e dall'unione del fuoco col sangue. Le viene in mente un nome, direttore?>>
Ferrante lo fissò con occhi gravi:
<<Vorrebbe forse insinuare che un noto scrittore contemporaneo di romanzi fantasy ha tratto ispirazione da questo testo? Perché se non erro lei sta facendo riferimento alla dinastia Targaryen, frutto della fantasia di George Martin>>



<<Casa Targaryen, "Fuoco e sangue", la dinastia del drago rosso su sfondo nero. Non mi stupirei se George Martin avesse avuto accesso ad una delle tre copie de "La fiamma di Atar". Magari a quella conservata in America, ad Hollow Beach, presso la Collezione Burke-Roche>>
Il mistero di Hollow Beach l'aveva sempre affascinato e non c'era da meravigliarsi se avesse affascinato anche un genio come George Martin.
<<Ora è lei che si lascia andare a collegamenti troppo arditi>>
<<Segua il mio ragionamento, direttore. Io conosco gli scritti di Martin meglio dei miei e posso dire che l'ambientazione del continente di Westeros è stata ispirata dall'Inghilterra del Quattrocento, in particolare del periodo della Guerra delle Due Rose, in cui gli York e i Lancaster si contendono il trono che era stato usurpato alla legittima dinastia dei Plantageneti. Vedi caso, ne "Il gioco del trono" abbiamo una guerra tra gli Stark e i Lannister che si contendono un trono che era stato usurpato ai Targaryen. La correlazione tra i Plantageneti e i Targaryen è evidente. E' come se ci volesse indicare che sono i Plantageneti la stirpe del Serpente Rosso e quindi, in base a "La fiamma di Atar", ipotizza che vi sia un legame dinastico tra i Plantageneti e le dinastie ellenistiche. Non a caso i Targaryen nascono in Oriente, a Valyria, al centro di una penisola che assomiglia sotto molti aspetti a quella greca>>
Ferrante aveva ascoltato con interesse.
<<A prescindere da cosa abbia o meno pensato il suo scrittore, ritengo che l'ipotesi secondo cui ci sia un legame di discendenza tra le stirpi reali classiche e quelle medievali sia un interessante campo di ricerca, specie se ci può aiutare a stabilire un nesso tra i testi qui presenti e quelli che sono nella collezione Burke-Roche. Potrei farle avere una borsa di studio al riguardo: le si aprirebbero le porte per una carriera accademica, e forse, chissà, anche quelle della confraternita dei Custodi del Fuoco Segreto. Valuti questa opportunità che le sto offrendo. Difficilmente nella vita le si presenterà una seconda occasione così ghiotta>>

domenica 30 marzo 2014

Le bassezze dell'Alta società. Capitolo 15. Una festa a lungo attesa.



Il 15 maggio 1956, Giulia Federici, quindicenne, fece con ampio anticipo il suo debutto nell'Alta società, in occasione del compleanno della sua migliore amica, Virginia Ozzani di Fossalta.
Agli occhi dei genitori, che l'accompagnavano, Giulia era ancora una bambina. La più bella della scuola. Era una regina.
Per questo sua madre le aveva detto di non dare troppo nell'occhio, per non rubare la scena alla festeggiata.
Loro erano già stati alla Villa, perché il dottor Federici era uno dei medici di fiducia del conte Umberto.
Giulia gli aveva fatto molte domande, sia riguardo alla Villa, che riguardo alla famiglia Ozzani.
<<Sono persone molto gentili, di notevolissima cortesia>>
<<Anche i loro parenti?>>
Qui il dottor Federici si accigliò:
<<I rapporti con le famiglie del notaio Papisco e del professor Trombadore non sono buoni>>
<<Quindi le zie e i cugini di Virginia non ci saranno?>>
<<Oggi è un giorno speciale... potrebbero esserci anche loro. Tu ne hai già conosciuti alcuni?>>
I legami di parentela degli Ozzani di Fossalta con le altre famiglie di spicco della città erano difficili da tenere a mente, a meno che non si facesse riferimento ad un albero genealogico.


                                  Ippolito Ozzani di Fossalta   +   Valeria Serbelloni  
                                                                                 |
                                                 --------------------------------------------------------
                                                |                                                          |
                              
       Vittorio Ozzani di Fossalta + Adelaide Aldrovandi      Violetta + Gen. DeToschi                                              
                1892- 1948                |    1899-1994                   1909-1929     1895-1978  
                                                  |                                                         |          
                                                  |                                              Carlotta De Toschi
                                                  |                                                      1929
        -------------------------------------------------------------------------------------------------------
        |                           |                      |                              |                     |
  Umberto              Carlo                 Grazia                 Laura                   Margherita
1915-1986       1917-1995           1919-1997            1921-1998         1923 -2000
       +                                                                                +                    +
 Claudia                                                         Adriano Trombadore   Giuseppe Papisco
Protonotari                                                         1912 – 1987                1916-1998
Bonaccorsi                                                                                              |        divorzio 1975               |                                                                                                              |         risposatosi poi con 
1919-2000                                               --------------------------------------------------
       |                                                     |                      |               |                
----------------------------                Piergiuseppe      Benedetta      Goffredo                 +
|                          |                           1944               1947              1949          Serena Sarpi
Alessio          Virginia                                         +                                              1937
1940-1999     1942                                Massimo Piccioni                                        | 
+                                                           1940        |                                             Bramante
Esther                                  ----------------------------------------------                                1967
Rubini                                  |                                     |
1943-1999                     Alberto Piccioni              Cristina Piccioni

(+ Giulia                        1970                                     1975                                            
      Federici
       1942)
   |
Roberto
1962

<<Ho conosciuto i figli di Margherita Ozzani Papisco. Sono un po' strani. Piergiuseppe, il più grande, è un tipo serio e taciturno. Benedetta, quella di mezzo, è una bambina dispettosa e pettegola e Goffredo, il più piccolo, ha paura anche della sua ombra>>
I genitori di Giulia risero e sua madre la ammonì:
<<Sarà meglio che tieni a bada la tua lingua tagliente, soprattutto se ci saranno anche i figli di Laura Ozzani e di quell'odioso poeta>>
Giulia non aveva mai conosciuto i figli di Adriano Trombadore.
Sapeva che il primogenito si chiamava Dante Gabriele, la secondogenita Angela Beatrice e il terzogenito Ludovico Torquato, tutti nomi letterari insomma, non certo facili da portare.
Dopo alcuni minuti di viaggio, videro finalmente i cancelli e gli alti muri di pietra che circondavano la magione degli Ozzani di Fossalta.
Per quanto avesse cercato di immaginare la grandiosità della Villa, Giulia ne rimase strabiliata.




Mentre parcheggiavano nel retro del cortile esterno, Giulia si rese subito conto dell'opulenza degli ospiti.
Bastava guardare le loro automobili, oppure il loro modo di vestire, i gioielli che indossavano le signore. Era uno sfarzo al quale lei non era minimamente abituata.
Poi vide avvicinarsi un uomo di mezz'età, magro, in tenuta da cavallerizzo.
Aveva occhi glaciali e un sorriso crudele.
<<Dottore, che ci fa lei qui? C'è qualcuno che si sente male?>>
<<No, cavalier Ozzani, sono qui perché mia figlia è stata invitata dalla signorina Virginia, che è sua compagna di classe>>
Giulia capì che si trattava dello zio di Virginia, quello che dirigeva l'ufficio crediti della Bancaccia.
La stava osservando con uno sguardo fisso, stranamente interessato.
<<Sai andare a cavallo, ragazzina?>>
<<Mi chiamo Giulia>>
La madre le fece gli occhiacci e poi si rivolse, zuccherosa, al cavalier Ozzani:
<<La perdoni, non è mai stata in società>>
<<Non ne dubito. Me ne sarei ricordato>> e poi aggiunse <<Immagino quindi che tu non sappia cavalcare, il che è molto grave per una ragazzina che frequenta mia nipote. Se vorrai frequentare questa casa, dovrai assolutamente imparare l'equitazione. Per tua fortuna hai davanti a te uno dei massimi esperti in questa gloriosa arte>>
Giulia si rese subito conto che quell'uomo era molto pericoloso.
Annuì velocemente e poi, nel voltarsi di scatto, finì addosso ad una donna corpulenta, pesantemente truccata,  che odorava di talco e naftalina.
Era nientemeno che la signorina De Toschi, la Grande Mademoiselle!



<<Oh, che Dio sia benedetto! Dottor Federici, avevo proprio bisogno di lei! Questo cambio di stagione mi sta uccidendo. Sono sfinita, le allergie mi paralizzano>> e come per rendere ancora più realistica questa affermazione, si mise a sternutire, e poi a tossire in modo catarroso, e infine si soffiò il naso con un rumore osceno.
Quando vide passare un giovane valletto lo afferrò con la mano grassoccia:
<<Ragazzo, portami i sali... sto per svenire! Che Dio mi aiuti! Dottore, faccia qualcosa, sono gravemente malata!>>
Giulia sorresse la donna, credendo sinceramente che avesse un grave malore, ma vide che nessuno se ne faceva caso e che suo padre non si mostrava preoccupato, per quanto avesse preso il polso della Grande Mademoiselle.
<<Non si agiti, signorina De Toschi... il polso va bene, il battito è regolare... se vuole misuriamo anche la pressione, ma credo che sia più che altro un sintomo di bronchite asmatica, accentuato dall'allegia ai pollini>>
<<Bronchite asmatica? Io non ho l'asma!>>
<<Lei fuma troppo, signorina De Toschi. Le avevo caldamente consigliato di smettere>>
<<Ma non se ne parla nemmeno!>> sbottò la Grande Mademoiselle ritrovando improvvisamente le forze <<Ci vorrà ben altro che qualche sigaretta, a piegare l'animo indomito della figlia del generale De Toschi e della gloriosa Violetta Ozzani!>> poi, ripreso il contegno, si guardò attorno e notò che Giulia le teneva ancora l'altro braccio.
<<O cara bambina! Che dooolce! Si vede subito che hai preso dal babbo. Eh... ne facciamo una dottoressa, eh? Dimmi come vai in greco?>>
<<Abbastanza bene...>>
<<Abbastanza è troppo poco! Una futura dottoressa in medicina deve conoscere il greco alla perfezione, per capire la terminologia tecnica!>>
<<Ma io non penso che studierò medicina>>
A quelle parole la Grand Mademoiselle si ritrasse scandalizzata e si rivolse al padre di Giulia:
<<Ma l'ha sentita, dottore? Come sarebbe a dire "non penso che studierò medicina"? E cosa vorresti fare allora?>>
<<Be', lei ha studiato lettere classiche, professoressa De Toschi... >>
Gli occhi da rospo della Grande Mademoiselle uscirono quasi dalle orbite:
<<Ah, ma se io fossi stata figlia di un medico non avrei esitato un secondo! Purtroppo la mia condizione di nobili genere nata, mi ha impedito di dedicarmi a professioni troppo meccaniche e di piccolo affare. Mia madre, che Dio l'abbia in gloria, non mi avrebbe nemmeno permesso di lavorare come insegnante. Ma per fortuna il mio babbo, il Generale, ha capito che in me ardeva il sacro fuoco della letteratura. Ed ecco dunque, qualis artifex pereo!>>
E così, citando le ultime parole di Nerone, secondo Svetonio, la Grande Mademoiselle si riscosse e annusando un fazzoletto con i sali, appoggiò la sua mole ad alcuni valletti, accorsi per sorreggerla.



Il vociare della signorina, con l'inconfondibile accento toscano, aveva attirato l'attenzione e finalmente Giulia vide Virginia che si avvicinava e la trovò incantevole.






Le bassezze dell'Alta società. Capitolo 14. Incontrando Virginia.



Virginia Ozzani, Contessa di Fossalta, viveva nell'appartamento nobile, al piano terra, dove fino ad alcuni anni prima era vissuta sua madre, in compagnia dell'altro figlio, Alessio, che poi era morto in un tragico incidente assieme alla moglie Esther.
<<La Signora si è trasferita qui dopo la morte del conte Alessio, per far compagnia alla madre, la povera contessa Claudia, che è morta poco tempo dopo, anche per il dolore, dico io...>>
Stavano attraversando un ampio corridoio, le cui finestre davano sul cortile interno della Villa.
<<Ormai la contessa Virginia usa solo poche stanze. Il resto del piano nobile è abitato solo dai parenti in visita, i vari cugini di primo e secondo grado, che le girano intorno come degli avvoltoi, per avere un posto in prima nel testamento. Povera Signora, oltre al dolore della malattia e della mancanza del fratello, deve sopportare anche tutti questi sciacalli>>
Lo disse con un tono così sdegnato e con uno sguardo così feroce che pareva considerare anche Roberto e Giulia come facenti parte della categoria "avvoltoi e sciacalli".
Ci vede come concorrenti. Teme che Virginia possa lasciare qualcosa a mia madre per farsi perdonare le misteriose colpe di quando finì la loro amicizia.
Un mistero su cui era tempo di fare luce.
Roberto entrò per primo e la stanza gli parve molto grande e fredda.
Ampi tendaggi di velluto blu coprivano in parte le finestre, creando un'atmosfera di penombra. 
Le finestre semiaperte lasciavano però entrare l'aria fresca da fuori.
La parte più illuminata comprendeva un enorme tavolo in legno di ciliegio, con sedie abbinate, ad indicare che quella era la zona dove si consumavano i pranzi e le cene formali. C'erano alte credenze con servizi di porcellana, argenteria e cristalleria. E poi altri mobili: comò, cassapanche, angoliere.
L'altra parte della stanza era più in ombra, e proprio lì era stato ricavato un salotto, in stile floreale.
Lei era là.
Seduta su una poltrona, Virginia Ozzani di Fossalta osservava con una punta di perplessità i suoi visitatori.


«Signora Contessa…» incominciò la Governante a bassissima voce <<sono arrivati gli ospiti>>
Virginia li osservava con una fissità e una concentrazione tali da far credere che i suoi occhi vedessero qualcosa di indescrivibile.
«Perdonatemi se non vi vengo incontro, ma sono molto debole …».
La sua era una voce da contralto, arrochita dal fumo e resa incerta dalla malattia.
La Governante fece cenno a Roberto e a Giulia di avvicinarsi alla Contessa.
Roberto studiò l'immagine di quella donna magra, che sembrava nel contempo fragile e altera.
Poi i contorni del viso si fecero più distinti: era strano come in quel volto i segni dell’età e della malattia convivessero con il permanere di una bellezza aristocratica.

Gli zigomi pronunciati mostravano una pelle color avorio, scavata, un naso sottile e aquilino, e due occhi celesti, alteri, che davano un'intensità penetrante allo sguardo da lasciare intimiditi.
Doveva essere uno sforzo per lei persino tenerli aperti, o sopportare la luce della lampada, perché li teneva semichiusi e pareva non vedere nulla.
I capelli erano di un castano chiaro opaco. Forse un tempo erano stati brillanti e dorati, ma ormai erano spenti e scarmigliati. Li teneva raccolti dietro la nuca, ma molti ciuffi ribelli le scendevano lungo il viso e il collo.

Come fa ad avere ancora i capelli? 
Lei parve riuscire a leggergli nel pensiero:
<<Sono miei, i capelli. Non sto facendo alcuna terapia. Nelle mie condizioni potrebbe solo peggiorare la situazione. Le uniche medicine che prendo sono gli antidolorifici, che mi fanno dormire molto e mi rendono un po'... come dire... svagata... non dovete farci caso...>>
Parve divertita a quel pensiero e sorrise debolmente.
Roberto se l'era immaginata diversa.
E’ davvero lei la donna che ha rovinato la vita a mia madre? E' proprio questa donna dall'aria gentile la mia "Strega di Biancaneve", oppure ce n'è un'altra, molto più pericolosa, che ci sta osservando da dietro le quinte?
Notò rapidamente sul comodino alcune cornici d’argento con fotografie in bianco e nero: Virginia da giovane, bellissima, un viso da elfo, delicato e imbronciato;



; Virginia e un uomo molto simile a lei, certamente il suo defunto fratello, anch’egli di aristocratica bellezza; e poi…
Nella terza foto è con mia madre!
La terza foto ritraeva Virginia e Giulia adolescenti…belle e sorridenti nel parco della Villa.
«Era il mio sedicesimo compleanno, quando scattammo quella foto. Si può dire che tutto incominciò quel giorno…» sussurrò Virginia guardando Roberto.
Quest’ultimo spontaneamente si rivolse a sua madre.
Giulia era rimasta indietro, immobile come una statua.
Appariva tesa e turbata, come se attendesse un suo giudizio su qualcosa di molto importante, che appariva sottinteso e di cui nessuno voleva parlare.
Cosa mi stanno nascondendo?
La Contessa, con grande lentezza, si rivolse alla Governante:
«Puoi andare, Concetta»
Era un ordine, ma la Governante esitò e lanciò a Giulia una occhiata ammonitrice, come se le intimasse di comportarsi bene,
Notò che Virginia ora lo fissava con una intensità strana.
Perché guarda me e non mia madre?
Forse c'era una risposta, ma era difficile da mandare giù.
«Roberto…vero?»
Lui annuì.
Virginia gli sorrise, in un modo che gli diede l’impressione di una sincerità venata di affetto.
Poi, finalmente, si volse verso Giulia e le due ex-amiche si scrutarono a lungo in silenzio.
«Grazie per essere venuta»
«Non so se ho fatto bene…»
Virginia le porse per prima la mano, Giulia esitò, poi si avvicinò e la prese con leggerezza tra le sue.
Con l'altra mano, Virginia le accarezzò lievemente il volto, con un gesto intimo che riuscì a dissolvere in un istante i quattro decenni di oblio che avevano sepolto la loro antica amicizia.


Giulia non riusciva a distogliere gli occhi da lei.
Roberto percepì un’emozione forte. Aveva la pelle d'oca.
Quando quel breve momento d’affetto terminò, ci fu imbarazzo.
Virginia chiuse gli occhi e si asciugò le lacrime.
Giulia distolse di nuovo lo sguardo e fissò le fotografie sul comodino, con una lieve nota di tristezza nel viso.
Virginia, riaprì gli occhi.
«Ricordo tutto di quel giorno. Eravamo così felici, così ingenue…».
 Le ultime parole furono pronunciate con un senso infinito di rimpianto.
Giulia annuì:
«Eravamo ancora in tempo per fare le scelte giuste»
Il sospiro di Virginia divenne quasi un rantolo.
Assunse un'aria malinconica e scosse la testa:
 «Non c’è nessun rancore nella tua voce…»
«La cosa ti stupisce? »
Virginia era perplessa:
«La mia famiglia non si è comportata bene con te. Ed io ho agito peggio di tutti gli altri, per la qual cosa, ora, di fronte a tuo figlio, imploro il tuo perdono»
Giulia era altrettanto perplessa:
 «Ti ho già perdonata da molto tempo. Ho perdonato, ma non ho dimenticato. Il vostro segreto, che in parte è anche il mio, è ancora custodito nella mia mente. Nessuno conosce la verità»
Roberto, imbarazzato, notò il disagio della madre.
Sempre questa reticenza!
Virginia disse con voce neutra:
«Con Roberto dobbiamo parlare... è un adulto... e ora che l'ho visto, sento di potermi fidare di lui»



 Robert si sentiva in preda ad una speranzosa curiosità:
«Certo che voglio sapere! E’ una vita che mia madre mi tiene nascosta la storia della sua giovinezza e chissà quali segreti: voglio capire perché mia madre ce l'abbia col mondo intero, perché il suo matrimonio sia fallito, e io non abbia mai avuto un padre presente e dei nonni, come in una famiglia normale. Tutte queste domande ruotano intorno alla famiglia Ozzani, perché tutto ciò che è accaduto, ha avuto qui le sue cause e la sua origine»
Virginia aveva ascoltato, prima sorpresa e infine turbata.
Dopo avergli rivolto un'occhiata significativa e aver assunto uno sguardo grave, si rivolse a Giulia:
«E’ vero quello che ha detto tuo figlio riguardo al tuo matrimonio?»
«E se anche fosse?»
«Io pensavo…»
«Oh, per favore, Virginia!»

«Io ti credevo felice…o quantomeno serena…»
C'era una tristezza sincera nelle sue parole.
Giulia sospirò.
«C’è mai veramente qualcuno che ottiene dalla vita ciò che sperava? Noi facciamo dei grandi progetti per il nostro futuro. Se siamo in un punto A della nostra vita e decidiamo che, dopo un tempo determinato, vorremmo essere in un altro punto B, allora si può avere l'assoluta sicurezza che non ci arriveremo mai. Nella vita esiste una specie di "deriva" che ci porta più o meno lontano da B, ma mai nello stesso punto. Allora sarebbe stato meglio non desiderare mai di trovarsi nel punto B, perché almeno avremmo avuto l'occasione di raggiungerlo per caso. Non so se mi sono spiegata»
Virginia annuì:
«Ciò che hai detto è giusto. Ma almeno hai ancora tempo e modo per avvicinarti al tuo obiettivo. Io no, io ho pochi mesi di vita e l'unica cosa giusta da fare è quella di migliorare la vita tua e di tuo figlio, perché tu e lui, per fortuna, avete ancora molto tempo davanti!» la voce di Virginia si fece rauca.


«Giulia! Guardami: se una persona nelle mie condizioni ti invita a non disperare, tu devi ascoltare! Rispondimi: non ti piacerebbe cambiare da adesso la tua vita? Quella di tuo figlio?»
      Giulia rimaneva in silenzio, e continuava a fissare le fotografie del comodino.
Virginia si rivolse a Roberto
      «Tu almeno saresti disposto ad ascoltarmi? Ho atteso molto a lungo questo momento» fece una pausa per riprendere fiato «Anzi, credo che questa sia stata una delle mie principali ragioni di vita, negli ultimi anni…dopo l’incidente in cui sono morti Alessio ed Esther… dopo la morte di mia madre…e la scoperta di avere il cancro…» si dovette fermare.
      Giulia intervenne:
«Senti Virginia non vorremmo affaticarti…»
    «Non dirlo! La speranza che tu tornassi è l’unica cosa che ha dato senso a questi ultimi mesi. Ma ora ascoltami, ti prego…»
Giulia guardò fuori dalla finestra, fissando il cielo nuvoloso.
    «Tu pensi che un lieto fine, possa cambiare il senso di un’intera vita di errori?»
    Virginia fissò il pavimento e rispose con voce distante, ma ferma.

 
«Non ti sto chiedendo di dimenticare gli errori o di dare un senso a ciò che questi errori hanno comportato, sia nel bene che nel male. Forse per te il lieto fine non è così rilevante, ma per tuo figlio, che ancora davanti a sé gli anni migliori, la speranza che io posso offrirgli è di grandissima importante, e tu lo sai bene, altrimenti non saresti qui»
Giulia rimase seria:
«Sì, sono qui per mio figlio. L'ho tenuto alla larga da questa storia perché sapevo che, fintanto che era vivo il resto della famiglia, gli aveste fatto del male. Ora invece credo nelle tue buone intenzioni. Ma se fosse stato per me, non sarei tornata. Io sono uno spirito libero» e tornò a guardare la fotografia.
    Virginia annuì, con un lieve sorriso, osservando anche lei quella foto di quarant'anni prima:
 «E' vero. Tu sei sempre stata uno spirito libero. Io invece sono rimasta prigioniera di una serie di convenzioni sociali. E' tempo che tuo figlio sappia come sono andate esattamente le cose, nei minimi  particolari...»

Roberto era incuriosito, ma anche intimorito
Deve esserci sotto qualche trappola… nessuno fa niente per niente: se lei ci offre aiuto, vorrà qualcosa in cambio.
<<Io sono pronto a conoscere la verità>>
Virginia accennò un sorriso, più rilassata:
«Ne sono felice. Ora ho bisogno di riposare un po', vi prego di tornare qui per l'ora di pranzo e così parleremo... sì… parleremo…»
Chiuse gli occhi e parve morta.
Roberto guardò sua madre, anch’ella pallida come un cencio.
Uscirono dalla stanza quasi in punta di piedi e, chiusa lentamente la porta scura, percorsero il più rapidamente possibile i corridoi tetri e freddi del piano nobile della Villa.
Giulia sbottò:
«Vuoi conoscere la verità? Cos'è la verità? Io ho una mia verità, e Virginia ne ha una sua, ma forse nessuna delle due coincide con ciò che è accaduto realmente»
«Mamma, io voglio ascoltare la versione dei fatti di entrambe»
Giulia rimase perlessa:
«Lei ti mentirà! E' sempre stata una manipolatrice! Mi ha usata e ora temo che  voglia farlo con te»
«Sì, ma io sento che tu hai altri motivi per volere che Virginia non parli. Cosa mi nascondi, mamma? Dimmelo ora! So che hai sofferto e so che non menti. Ma so anche che non mi hai detto tutto. Non te la puoi cavare trincerandoti nel ruolo di Cenerentola o Biancaneve!»
Giulia si ritrasse come se l’avessero schiaffeggiata:
«Cosa vorresti dire?»
«Vorrei sapere c’è stato esattamente tra te e Alessio Ozzani. Fino a che punto…»
«Non sono cose che ti…»
«Ne sei sicura?»
Giulia tacque.
Roberto la fissò.
La verità non detta era lì: non c’era bisogno di aggiungere altre parole.
<<Immagino che avrai avuto le tue buone ragioni per tenermi lontano da qui per tanto tempo, ma adesso è giusto che io sappia tutto, compresa l'identità del mio vero padre. E' tempo che io abbia ciò che l'accordo tra te e la famiglia Ozzani mi ha negato e che, credo, mi spetti di diritto, a questo punto>>

"Tradisco e non me ne pento". Il 75% degli italiani ragiona così. E il filosofo spiega...



Secondo l'Istituto di ricerca IFOP, 2 italiani su 3 non provano alcun rimorso per le proprie scappatelle extraconiugali*. Lo studio, commissionato dal sito di incontri extraconiugali Gleeden.com e condotto a livello europeo su un campione di 4.879 persone di varie nazioni, si è interrogato sulla percezione e sui comportamenti degli Europei in materia di avventure extraconiugali. Alla domanda: "Si pente del suo tradimento?" , gli italiani, uomini e donne, si rivelano tra i meno toccati dal senso di colpa. Difatti, gli uomini nostrani sono i più convinti della propria infedeltà. Sicuramente colpiscono in questo studio le risposte femminili alla domanda a proposito del pentimento sulla propria infedeltà e ancora di più colpisce la percentuale di donne italiane che non prova nessun senso di colpa a tal proposito. Infatti, solo il 27% delle italiane è pentita del proprio tradimento. In questa speciale classifica europea, le italiane sono precedute soltanto dalle francesi e dalle belghe: ben il 79% delle cugine d'Oltralpe risponde "No" alla domanda "Si pente del suo tradimento?" contro il 76% delle signore del Belgio.Il 74% degli uomini italiani risponde "NO" alla domanda dell'istituto di ricerca IFOP "Si pente del suo tradimento?", non mostrando né rimpianti né rimorsi per le proprie scelte in materia di relazioni di coppia e infedeltà. Quella degli uomini del Bel Paese è la percentuale più alta in Europa rispetto ai francesi, belgi, spagnoli, tedeschi e britannici.
Gli italiani sono seguiti in questa speciale classifica del "non-pentimento" della propria infedeltà dai tedeschi (72% di risposte negative), francesi (68%), belgi (66%), spagnoli (59%) e britannici (51%). I sudditi di Sua Maestà si rivelano i più "pentiti" delle proprie scappatelle extraconiugali. 

Ancora secondo lo studio IFOP, più di 1 italiano su 2 ammette di aver tradito (55% di risposte positive alla domanda "Nel corso della sua vita le è capitato di aver tradito, cioè di aver avuto un rapporto sessuale con una persona che non fosse il suo partner?") e il 63% degli intervistati pensa che si possa amare una persona pur essendole infedele: siamo dunque arrivati ad una nuova concezione della coppia, dell'amore e della fedeltà? Il "ti sarò fedele sempre" riguarda la sfera dell'amore che si dissocia dalla sfera sessuale? A ben guardare questi risultati sembrerebbe proprio di si!
*Sondaggio IFOP per Gleeden.com, primo sito di incontri extraconiugali in Italia, condotto su un campione di 4.879 persone, rappresentanti la popolazione italiana, francese, tedesca, britannica, belga e spagnola.
I VIP E IL TRADIMENTO - "ll perdono nella vita amorosa è un modo per ridare vita a qualcosa che il trauma del tradimento e dell'abbandono ha reso morto. Non a caso la cultura cristiana e anche Francesco I fanno del perdono la virtù più grande e specifica di Dio e dell'amore". Mentre in Europa si parla di poliamore (relazioni multiple accettate da un accordo di coppia) e la coppia aperta sembra diventare l'unica risposta possibile alla società frenetica in cui tutto, anche i rapporti, si disfano di continuo, lo psicoanalista Massimo Recalcati pubblica un elogio all'amore dal titolo Non è più come prima. Elogio del perdono nella vita amorosa (Raffaello Cortina editore, 160 pagine, 13 euro). E in un'intervista ad Affaritaliani.it spiega perché credere nella passione per sempre.
Le argomentazioni di Recalcati ci permettono di ricollegarci a quanto dichiarato dalla diva Cameron Diaz che, in occasione dell'uscita del suo nuovo film, The Other Woman di Nick Cassavetes ( una commedia romantica su due donne che si alleano per vendicarsi di loro partner), ha parlato della sua idea della coppia e, soprattutto, di fedeltà: per l'attrice, infatti, "nessuno è fedele".
La 41enne ex fidanzata di ex fidanzata di Justin Timberlake e Jared Leto,  nel film è l’amante di un uomo infedele, sposato con Leslie Mann e che ha anche un'altra amante: Kate Upton. "Siamo esseri umani, siamo complessi, non possiamo vivere senza graffi, è impossibile. I tradimenti possono accadere, bisogna esserne consapevoli e andare avanti", ha spiegato la bionda attrice.
DEMI MOORE E MILA KUNIS - Demi Moore ha pensato bene di avvisare la Kunis sulle "brutte abitudini" del futuro marito: Ashton Kutcher. La 51enne attrice ha sposato l'ex modello nel 2005, ma i due hanno poi divorziato a causa dell'infedeltà di lui. In seguito il 36enne si è fidanzato con Mila; e ora, si dice, i due potrebbero anche sposarsi. Demi Moore avrebbe dunque pensato bene di avvertire Mila Kunis sulle "brutte abitudini" del suo futuro marito. "Le ha detto di essere prudente ogni volta che Ashton passa una notte fuori casa", ha infatti rivelato un'amicizia comune al magazine Now.

(da Affarittaliani,it)

sabato 29 marzo 2014

Le bassezze dell'Alta Società. Capitolo 13. La Nuova Camelot.




Su Villa Ozzani di Fossalta circolavano le voci più disparate: se ne favoleggiava con meraviglia e timore reverenziale, quasi si trattasse di un monumento storico o di un sacrario, ma circolavano anche leggende nere, voci inquietanti, che ne tratteggiavano i misteri a tinte fosche.
Ciò che impressionava i pochi privilegiati che vi erano ammessi, e che trapelava da una cert’aria di importanza quando ne magnificavano l’unicità, era quello strano “mosaico” composto di raffinatezza e stravaganza, di serenità olimpica e mistero.
La Villa del resto era senza dubbio una contraddizione in termini, una coesistenza di illuminismo progressista (era stata costruita su terreno bonificato a costo di grandi investimenti e creando molti posti di lavoro) e di tradizionalismo neogotico, nelle sue linee architettoniche, quasi da corte medievale.
Quest'aura di romanzo cavalleresco e di romanticismo cortese permeava ogni luogo della Villa ed ogni aspetto della vita quotidiana della famiglia Ozzani di Fossalta e di tutti coloro che erano al suo servizio e che si sentivano onorati di collaborare alla gloria dei Conti e della loro magione.
Giulia Federici, che pure apparteneva a una famiglia mediamente benestante e possidente, provava un senso di assoluta inferiorità al cospetto delle leggende che ammantavano la Villa come un velo fiabesco, quasi fosse una nuova Camelot.




Questa impressione era stata confermata quando era divenuta compagna di banco della carismatica Virginia Ozzani di Fossalta, la bionda e algida “Fata Morgana”, (come Giulia l’aveva soprannominata), dalla quale pareva si emanassero tutto il fascino e la magia dell’universo a sé stante della Villa.
Nella fervida e un po’ ingenua immaginazione dell’adolescente Giulia, il mito della Tavola Rotonda riviveva nella famiglia Ozzani e nel suo mondo elitario.
Certo la bellezza principesca e i modi cavallereschi di Alessio Ozzani, (“biondo era, e bello e di gentile aspetto), l’affascinante fratello di Virginia, lo facevano apparire veramente un nuovo Re Artù. Forse inconsciamente Giulia se ne era già innamorata, quelle poche volte che aveva parlato con lui nei corridoi del Ginnasio, ammessa alla sua “sacra presenza” in nome della devota amicizia che mostrava per la sorella.
Giulia attendeva con ansia il giorno del compleanno di Virginia, il 15 maggio 1956, perché finalmente, dopo mesi di amicizia, era stata invitata alla Villa. 
Avrebbe potuto attraversare l’incantesimo delle “nebbie di Avalon” poste a protezione di quell’inavvicinabile luogo che anni dopo le sarebbe parso in qualche modo simile al Castello del romanzo di Kafka.



Già nella fantasia si raffigurava il Conte Umberto come un altero Mago Merlino e la Contessa Claudia come un’eterea e diafana Dama del Lago.
Temeva di non essere all’altezza della situazione, di non superare l’esame severo della famiglia Ozzani di Fossalta, la “prova di ammissione” a quel mondo fatato a cui tanto ardentemente desiderava appartenere.
Non sapeva, o meglio non poteva sapere, che le leggende, come le aspettative, non reggono quasi mai il confronto con la realtà, e che l’unico modo per mantenerle vive è preservarne il mistero.
Quella considerazione, da sola, sarebbe potuta bastare per tenersi alla larga da un mito vivente.
Lo sapevano bene gli Ozzani, che avevano costruito la loro leggenda proprio sul non ammettere quasi nessuno al loro cospetto, anche perché non ne vedesse i difetti, non ne scoprisse le debolezze, non ne capisse l’inconsistenza.


venerdì 28 marzo 2014

Le bassezze dell'Alta società. Capitolo 12. Il momento più felice.



Giulia non aveva dormito bene.
Non ricordava esattamente cosa avesse sognato, ma doveva essere stato qualcosa di spiacevole.
E poi risvegliarsi qui, in questo posto...
Le pareva tutto surreale, come stesse accadendo a qualcun altro.
Quell'appartamento degli ospiti era paradossalmente inospitale, ma Giulia non avrebbe saputo spiegarne esattamente il motivo, era solo un’impressione.
Oppure sono i miei fantasmi.
Era molto probabile.
«A cosa pensi, mamma?»
Giulia cadde dalle nuvole: era a tavola e stava consumando la colazione col figlio.
«Mah, a niente di particolare…sto cercando di capire cosa provo, ma non ci riesco»
Il figlio annuì.
«Sono i ricordi?»


«In parte, Roberto, ma c'è dell'altro…voglio dire, questo appartamento io non l’avevo nemmeno mai visto. La famiglia stava al primo piano e poi, ogni tanto, con Virginia andavamo da suo fratello, al secondo…»
Arrossì.
«Ah, perché il fratello abitava in un appartamento separato?»
Giulia sorrise: «Era molto viziato…quasi come te…»


Il figlio sorrise amaramente.
«Sì, peccato che lui fosse un conte mentre io...»
«Scusami, non volevo…»
«Non importa… lo so cosa vuoi dire. Non mi hai mai fatto mancare niente»
Giulia lo osservò con inquietudine.
«Ma tu avresti desiderato di più, non è vero?»
Lui scrollò le spalle: 
«Ognuno desidera ciò che non può avere. Fa parte della natura umana. Ma che senso ha parlarne adesso?»
Giulia chinò il capo e inspirò profondamente.
«Beh, se Virginia fosse generosa con noi…»


Roberto scosse il capo: 
«Io non mi farei troppe illusioni: sai come sono queste vecchie zitelle miliardarie…magari è solo una scusa per fare due chiacchiere e ricordare i bei vecchi tempi…se sono stati belli…perché ancora questo non me l’hai voluto dire»
Giulia sorrise con aria trasognata:
 «Oh, sono stati belli...» esitò un attimo, poi disse «sai, per me questo era un po’ come il mondo delle fate…la Villa, il parco, gli antichi costumi….sì, lo so che alla fine erano lustrini, apparenze…però io ero così giovane, così ingenua…mi sembrava di vivere in una favola»
Il figlio le lanciò uno sguardo penetrante, che mostrava di aver compreso tutto:
«Cenerentola o Biancaneve? E chi era la “matrigna”? E il principe azzurro?»
Giulia accennò a un assenso: 
«C’è bisogno che ti risponda?»
Era stato detto quasi tutto. Quasi…
«Ti hanno fatto soffrire molto, vero?»
Lei sorrise:
<<Non più di quanto hanno sofferto loro stessi, nel momento in cui sono uscita dalla loro vita.  Ti sembrerà strano, ma loro mi hanno amata davvero. Più di ogni altra persona nella mia vita... >>


Lui la fissò negli occhi chiari.
<<Non capisco. Se Virginia e suo fratello ti amavano, perché ti hanno escluso dalla loro vita? E perché tu non hai voluto aver più niente a che fare con loro per quarant'anni?>>
Lei assunse una strana espressione di felicità trasognata:












«Sai, mi ricordo una mattina…ero rimasta a dormire qui, alla Villa. In quegli anni del Liceo, Virginia mi invitava spesso e finiva che parlavamo fino a notte fonda, di tutto…poi ci addormentavamo» arrossì «ma come fanno le ragazzine, sai… è normale, niente di erotico…si sa, era solo amicizia…» esitò un attimo «...comunque, insomma, una mattina…quando mi risvegliai, vidi che Virginia mi guardava con ammirazione e ricordo ancora le parole che mi disse “Tu sei sempre bella, anche appena sveglia.” E io mi sentii così fiera di me, dell’ammirazione che suscitavo in una persona così aristocratica...


Mi venne naturale risponderle che anche lei era molto bella…ed era vero…e fu allora, solo allora che mi resi conto di quanto Virginia assomigliasse a suo fratello. Fu lì, in quel preciso istante, che capii di essere innamorata di Alessio Ozzani. Mi trovavo imprigionata in un triangolo assurdo, e se fossi stata saggia, mi sarei dovuta preoccupare, e invece mi sentivo bene, come se fossi parte della famiglia. Che sciocca, vero?»
Il figlio pareva conoscere questa storia da sempre, perché non apparve per nulla stupito.
«Tutti gli adolescenti sono sciocchi»
Lei lo gratificò con uno sguardo d'intesa:
«Sì, tremendamente sciocchi! Ma a volte è necessario che sia così, perché gli errori commessi a quell'età permettono di crescere, di capire. E anche quando ci sono delle conseguenze serie, per lo più si tratta di cose che si possono rimediare. Per questo, anche se io sono stata una sciocca a sentirmi parte di quella famiglia, alla fine non penso che sia stato tutto sbagliato, perché quella gioia era vera, e Virginia ed Alessio mi adoravano sul serio...


.... e mi sembrava di avere il mondo in mano…no, non ridere…dico sul serio: quella mattina credevo veramente di averli tutti in pugno, di essere l'artefice del mio destino e anche del loro.
Ero convinta che quello sarebbe stato il primo giorno della mia nuova vita da “principessa”, una vita da favola...» una lacrima le rigò il viso, ma continuava a sorridere «Ecco…fu quello…sì, fu quello…» la commozione la fermò.
«Cosa?»
«Il momento più felice della mia vita»
Il figlio stava per replicare, ma bussarono alla porta.
Era la governante. 
La Signora li aspettava.

Il gatto quotidiano



A grande richiesta torna la rubrica "Il gatto quotidiano". Godetevi queste simpaticissime foto dei nostri buffi amici domestici!









La realtà virtuale incontra i social network: Facebook acquista Oculus




Mark Zuckerberg riapre il portafogli. Facebook ha acquistato Oculus, società leader nella costruzione della realtà virtuale, per due miliardi di dollari. 400 milioni di dollari in contanti e 23,1 milioni di azioni Facebook. Spiccioli se confrontati con i 19 miliardi di WhatsApp, ma pur sempre un'operazione di peso in un settore ancora tutto da esplorare. 
Ora la domanda è: che se ne fa Mark Zuckerberg di Oculus? Di certo non si fermerà ai giochi, che pure rappresenteranno una (ulteriore) diversificazione degli investimenti. Ma c'è altro. Lo ha spiegato lo stesso Zuckerberg: "Il mobile è la piattaforma di oggi e ora ci stiamo anche preparando alle piattaforme di domani". Cioè? "Oculus ha la possibilità di creare la piattaforma più social di sempre, e cambiare il modo in cui lavoriamo, giochiamo e comunichiamo". Un social sempre più interattivoe un'interazione sempre più realistica. 
realta aumentata (4)
Brendan Iribe, co-fondatore e amministratore delegato di Oculus, forte della nuova alleanza, alza il tiro: "Siamo pronti a offrire la migliore piattaforma di realtà virtuale del mondo. Sarà definita in modo forte dalleesperienze sociali che connettono le persone". Questo è il progetto a medio-lungo termine. Nell'immediato c'è da rintuzzare la concorrenza degli altri produttori di device per la realta virtuale applicata ai videogame: Sony ha lanciato Project Morpheus e microsoft Microsoft è pronta a giocarsi la partita.
oculus

Il Paese più visitato al mondo non è quello che pensate

Normandia

I turisti girano per il mondo e naturalmente scelgono le destinazioni che amano di più. Però ci possono essere sorprese, almeno se ci si basasse sui luoghi comuni.


Per alcuni potrebbe essere una sorpresa scoprirlo, ma è così: la Francia è la meta turistica più visitata al mondo. Con i suoi 81 milioni di turisti all’anno batte di venti milioni gli Stati Uniti, che si collocano al secondo posto.
E l’Italia, come si posiziona? Bene ma non benissimo, con circa 46 milioni di visitatori. Quinta nel mondo e terza in Europa. Davanti a noi, oltre a Francia e Usa, ci sono Cina e Spagna.
In fondo alla lista troviamo invece i meno visitati (per i quali esistono dati disponibili): e sono le Isole Solomon (23mila), la Moldova (11mila), Kiribati (5mila e 300), le isole Marshall (5mila) e Tuvalu, con solo 1200 visitatori. 

I cattolici negli Stati Uniti: mappa e percentuali




"Con un’impostazione inedita e nomine cardinalizie in controtendenza rispetto al passato, Francesco ha invece sparigliato le carte. Più che per i temi etico-sessuali, d’ora in poi il successore di Pietro ha intenzione di spendersi per le questioni sociali ed economiche. Il suo sostegno non sarà più appannaggio esclusivo dei conservatori.

Colti di sorpresa, i due partiti d’America cercano di adattarsi e di volgere a loro favore il nuovo corso della Chiesa universale.

Non per intercettare il fantomatico «elettorato cattolico» – a dispetto dei luoghi comuni, da decenni il voto dei cattolici riflette fedelmente quello del resto della popolazione – quanto per sfruttare la popolarità di Francesco.

Per Obama si tratta di nobilitare la sua eredità politica, magari corredandola di qualche successo legislativo. Per repubblicani e democratici l’obiettivo è (ri)definire il loro ruolo nel panorama nazionale, nel tentativo di aggiudicarsi le prossime consultazioni parlamentari e presidenziali.

In ogni caso un cambiamento epocale. Specie per il Grand Old Party, che per oltre vent’anni è stato l’interlocutore privilegiato dei vescovi."


La carta rappresenta la distribuzione dei cattolici negli Stati degli Usa, le province ecclesiastiche e le diocesi. A una più elevata percentuale di cattolici corrisponde un colore più scuro sulla mappa. Nei quadretti sono scritte le percentuali di cattolici e protestanti.

[Carta di Francesca La Barbera]

giovedì 27 marzo 2014

Le bassezze dell'Alta società. Capitolo 11. Anni Cinquanta.



La vita Giulia Federici si incrociò con quella di Virginia Ozzani di Fossalta nei primi giorni di ottobre del 1956, quando divennero compagne di banco in quarta Ginnasio.
L’Italia di allora era  arcaica, antropologicamente chiusa nelle sue millenarie tradizioni, 
Quasi tutti erano contadini, artigiani, piccoli commercianti, operai.
La borghesia era ancora ben distinta dal popolo, così come lo era dall'ormai esangue aristocrazia, ma nessuno sospettava che il miracolo economico fosse dietro l'angolo e che sarebbe stato seguito dalla nascita della società di massa. 
Il Ginnasio non era comunque più un'esclusiva dei ricchi: i figli delle classi popolari si stavano preparando a diventare la nuova classe dirigente e a seppellire l'elite che da un centinaio d'anni aveva, pur nell'alternanza dei regimi politici, imposto e mantenuto la propria supremazia.



Virginia Ozzani di Fossalta faceva parte del vertice di quell'elite, anche se non era consapevole, ancora, dei debiti che gravavano sulla sua nobile stirpe.
Giulia Federici era figlia di un medico e quindi apparteneva comunque a quello che oggi chiameremmo, con un'eufemismo politicamente corretto, "un ceto abbiente", ed i suoi genitori le avevano offerto un'educazione da "ragazza per bene". Questo presupposto, che in molte sue coetanee sarebbe rimasto un limite, in lei divenne qualcosa di diverso. La buona educazione, unita ad una intelligenza fuori del comune e ad una grazia innata, aveva fatto di lei una persona di classe, e tale sarebbe rimasta, anche nelle più grandi avversità.



E fu proprio quella personalità di classe ciò che rese Giulia a tal punto interessante, agli occhi di Virginia, da farle guadagnare, senza averlo cercato, il ruolo di compagna di banco, proprio mentre un'altra decina di ragazze se lo stava più o meno sfacciatamente disputando.
Giulia era il tipo di persona che riusciva ad apparire "superiore alle circostanze", come se nessun dolore e nessuna umiliazione potessero sottrarle il carisma di chi ha appreso a reagire in modo appropriato ad ogni eventualità.
Virginia, che sapeva benissimo di dovere la sua popolarità quasi esclusivamente al cognome che portava, rimase incantata da quella coetanea che, pur non conoscendo nessuno, pareva non solo a proprio agio, ma quasi condiscendente nel modo in cui osservava i comportamenti ancora immaturi delle compagne di classe.
Va detto, a titolo di merito nei confronti di Virginia, che ella sapeva riconoscere subito il valore delle persone e capiva immediatamente quando era preferibile averle amiche, piuttosto che nemiche.
Certo, col senno di poi, valutando le conseguenze di quella decisione, molti direbbero che sarebbe stato preferibile che Virginia non avesse fatto cenno a Giulia di avvicinarsi e di sedersi a fianco a lei.
Qualcuno si potrebbe domandare come mai Giulia fu così rapida nell'accettare l'offerta di Virginia.
Per molti anni, in seguito, lei stessa si sarebbe posta quel quesito, senza trovare una risposta razionale.
Eppure la risposta era molto semplice. Si era trattato di un automatismo insito in quelle buone maniere che facevano parte della sua formazione e che nascondevano, dietro a quell'aura di gentilezza principesca, un'indole tutt'altro che arrendevole.