martedì 8 aprile 2014

Il gatto quotidiano. La questione delle 7 vite...







Sul fatto che i gatti abbiano più di una “vita” ormai non ci sono più dubbi. Eminenti gattofili si sono pronunciati in merito e la sentenza è stata unanime: “I gatti hanno sette vite!”. “No, scusate ma non erano nove?”, “Io ricordavo sette” “No, Nove!” “mmm… Ti sbagli, solo SETTE!”. In realtà, sul punto in questione, la sentenza non è poi stata così unanime.Dopo numerose ricerche siamo giunti alla soluzione che dipana questa ingarbugliata matassa. I gatti hanno 7 vite in Italia (e in molti altri paesi), mentre ne hanno 9 nei paesi anglosassoni.
Cosa hanno di diverso un gatto che vive in Italia e uno che vive in Inghilterra? Assolutamente nulla! Allora perché in Italia si dice che i gatti hanno solo sette vite? Sono più sfortunati dei nostri a-mici di lingua inglese? Nient’affatto! Probabilmente i modi di dire dipendono dalle diverse speranze di vita degli umani italiani rispetto a quelli inglesi. Si sa, gli umani tendono ad utilizzare loro stessi come metri di paragone. Quindi tra le sette vite italiane e le nove anglosassoni, in base a questa teoria, non ci dovrebbero essere differenze. I gatti vivono in media gli stessi anni sia in Italia che in Inghilterra. Un'ipotesi della confusione tra il 7 e il 9 sta nel fatto che esiste l'espressione "gatto a nove code", che purtroppo non indica un simpatico felino, ma un orribile strumento di tortura. In quel caso, sette vite possono bastare e anzi, per usare la battuta finale di un film piuttosto controverso che è in proiezione proprio adesso nei cinema, per la regia di Lars von Trier, "In fondo aspettiamo tutti il permesso di morire".

Virginia D. Capitolo 7. Un enigma avvolto nel mistero.



Ero contento di aver conosciuto Virginia e parlato con lei, ma nello stesso tempo ero perplesso e persino vagamente intimorito dal mistero che aleggiava intorno a lei.
Ciò che mi aveva detto aveva reso l'enigma ancora più complesso.
La sua ricercatezza nel vestire e il suo essere sempre in perfetto ordine, non si conciliavano con l'idea che dovesse prendere il treno due volte al giorno, considerate poi le condizioni pessime delle linee frequentate dai pendolari.
Lei sembrava appena scesa da una limousine!

Entrava in aula come se camminasse su un tappeto rosso in qualche serata di gala, fresca e profumata come se fosse appena uscita da un centro estetico.
Eppure l'avevo vista prendere l'autobus che passava davanti alla stazione, affollatissimo. Ma le persone si scostavano automaticamente al suo passaggio, le facevano spazio, come se fosse una creatura sovrumana.
C'era qualcosa di magico in lei, qualcosa che le permetteva di apparire praticamente perfetta sotto ogni punto di vista. Eppure, nello stesso tempo, era come se soltanto io notassi questa perfezione, mentre gli altri si limitavano a farsi da parte, come sudditi muti di una divinità capricciosa.



Com'era possibile che nessun altro studente si fosse fatto avanti per parlare con lei, per cercare di conoscerla? Perché avevano preferito la compagnia di altre compagne di studi che apparivano molto più banali o scialbe rispetto a Virginia?
E poi c'era sempre la questione del cognome, che pareva uscire da un romanzo.
Ogni tanto mi passava per la testa l'idea assurda che lei fosse una mia allucinazione, in cui proiettavo qualcosa che faceva parte del mio inconscio.
Poi però mi rendevo conto che erano pensieri assurdi e che semplicemente lei era molto riservata ed io ero particolarmente sensibile al suo fascino, mentre agli altri lei poteva risultare meno interessante, per quanto ciò potesse sembrarmi strano.
Era una situazione quasi stilnovistica, in cui la figura femminile appariva come un angelo disceso "da cielo in terra a miracol mostrare".
Ma erano passati ottocento anni dallo Stilnovo! E naturalmente io non ero Dante e lei non era Beatrice!
Insomma, Virginia poteva anche sembrarmi la perfezione personificata, ma prima o poi i suoi difetti sarebbero emersi.
Del resto ero convinto che l'unico modo di togliersi una donna dalla testa fosse conoscerla bene. Ed era questo che mi riproponevo di fare.









Cast

Emmy Rossum - Virginia D.

Virginia D. Capitolo 6. La studentessa modello

Emmy Rossum - Emmy Rossum Goes to the 'Shameless' Panel at Comic-Con

La nostra conversazione non si protrasse oltre, perché Virginia, da studentessa modello quale era, non voleva perdersi un solo minuto di lezione.
Io invece, per quanto mi sforzassi, non riuscivo proprio a concentrarmi sugli esametri.
I miei pensieri e le mie fantasie ruotavano intorno a lei.
La immaginavo nella tenuta da studentessa universitaria americana, di quelle prestigiose, dove è d'obbligo portare una divisa, e ritenevo che indosso a lei sarebbe stata molto bene e avrebbe unito la sua predisposizione all'eleganza con un elemento di sensualità, che derivava dal vestiario particolare.

Emmy Rossum - Emmy Rossum Goes to the 'Shameless' Panel at Comic-Con

Giacchetta, gilet, camicetta bianca, cravatta distintiva dell'università, gonna in coordinato, scarpe con i tacchi. Non era poi molto diverso dal suo aspetto reale.

Emmy Rossum - Emmy Rossum Goes to the 'Shameless' Panel at Comic-Con

La immaginavo camminare su una passerella, come in una sfilata di moda, e mi vedevo in prima fila ad osservarla e a ricambiare il suo sorriso.

Emmy Rossum - 'Shameless' Stars at Comic-Con

E mentre tutti applaudivano, io ero certo di essere l'unico che la conoscesse veramente.

Emmy Rossum - 'Shameless' Stars at Comic-Con

In fondo quel giorno era stata lei a rompere il ghiaccio e a confidarsi, partendo da un argomento che mi aveva profondamente colpito e cioè la sua volontà di imparare il greco da zero, iscrivendosi a Lettere classiche dopo aver fatto il Liceo scientifico.
Io non ne avrei mai avuto il coraggio e proprio per questo la ammiravo ancor di più.
Insomma, oltre ad essere un'esteta, Virginia D. era anche un'intellettuale.
C'era un'unica cosa che mi turbava sul suo conto e cioè il suo cognome. Non doveva essere facile portare un cognome del genere, così negativamente connotato.
Pur essendo molto curioso al riguardo, pensai che fosse meglio evitare di toccare un argomento che poteva essere sgradevole e quindi decisi che non avrei mai portato lì l'argomento e avrei lasciato a Virginia l'iniziativa di spiegare questo mistero.
Alla fine della lezione, in ogni caso, era giusto che io mi presentassi.
Per cui, quando ci stavamo preparando per uscire, dissi:
<<Comunque, io mi chiamo Luca Bosco e abito qui in centro, da solo>>
Le porsi la mano e lei me la strinse con vigore:
<<Piacere di conoscerti, io mi chiamo Virginia e abito a M. per cui sono costretta alla vita da pendolare, anche il viaggio in treno è solo di venti minuti>>
<<Ah, capisco! Be', complimenti anche per questo. La vita da pendolare non deve essere facile>>
<<No, ma è sempre meglio che dover condividere un appartamento con delle coinquiline. Ma tu sei in affitto?>>
<<No, il monolocale è mio. Me lo ha lasciato mia nonna in eredità. Purtroppo è morta l'anno scorso>>
Il mio volto era sinceramente sconsolato mentre pensavo al fatto che mia nonna fosse mancata prematuramente.
<<Mi dispiace. Immagino che ti volesse molto bene>>
<<Sì, ci adoravamo a vicenda>>
Mi tornò in mente il fatto che la fotografia di mia nonna da ragazza era identica a lei, ma non lo dissi, perché poteva non essere un buon complimento, almeno non ancora.
Finimmo di prepararci, uscimmo dall'aula e ci salutammo.
<<Allora ci vediamo domani!>>
<<A domani!>>
E me lo disse con un sorriso che mi inondò di gioia allo stato puro.





Cast

Emmy Rossum - Virginia D.

Virginia D. Capitolo 5. Niente è indistruttibile.

Emmy Rossum - Celebs at the Launch of 'Jason Wu for Target'

Durante il fine settimana, mentre tentavo svogliatamente di incominciare a studiare qualcosa, il pensiero era ritornato più volte su Virginia D. e sul mistero che avvolgeva la sua eleganza e la distanza che metteva tra sé e gli altri.
Il dubbio divenne ancora più pungente quando, il lunedì mattina, giornata in cui notoriamente la gente si veste male, mettendosi le prime cose che capitano, lottando con il desiderio di rimanere in casa a dormire, Virginia si presentò a lezione più elegante e curata che mai.
Indossava una camicetta rosa carne, leggera, a tratti quasi trasparente, ma sempre abbottonata fino al collo. La gonna era rosa, bordata e decorata con linee nere. Rosa erano anche le scarpe.
Portava due cerchietti di brillanti come orecchini.
I capelli erano divisi da una scriminatura nel mezzo, raccolti dietro la nuca e ricadevano in due code ai lati del viso su entrambe le spalle, fino al livello dei seni.
Anche il trucco era estremamente curato. Persino le unghie sembravano fresche di manicure.
Come si poteva essere così assolutamente perfetti persino il lunedì mattina?
Ma poi, a che fine?

Emmy Rossum - Jason Wu For Target Launch

Io conoscevo una possibile risposta, nel senso che per me l'eleganza poteva essere benissimo fine a se stessa, senza alcun desiderio di seduzione o di ostentazione.  Per me era, in certi giorni, non sempre, un modo per sentirmi meglio, per stare meglio con me stesso.
Ma non osavo illudermi che potesse essere così anche per lei.
Era così raro incontrare una persona che amasse l'eleganza fine a se stessa che preferivo non farmi illusioni.
Non volevo correre il rischio di idealizzare un'immagine, senza conoscere gli elementi di personalità che avevano condotto ad essa.
In ogni caso, non potevo nemmeno fingere di non essere attratto da lei
Del resto, sedersi al suo fianco, al solito posto, per la settima volta consecutiva, era l'equivalente, tacito, di una dichiarazione d'amore.
Il suo sorriso, nel momento in cui mi vide, fu così timido e nel contempo così dolce che avrebbe potuto resuscitare un morto.

Emmy Rossum - Jason Wu For Target Launch

Fu solo un attimo, poi il suo sguardo tornò nuovamente contemplativo.
Avrei avuto nella testa mille cose da dire per rompere il ghiaccio e trovare un argomento tale da spezzare l'incantesimo che ci impediva di esprimere a parole una comunicazione che fino a quel momento era stata lasciata a gesti in apparenza casuali.
La sua stessa postura, così altera e statuaria, per quanto lei non fosse più alta della media, contribuiva a creare una certa distanza, quasi una barriera, generata da un'aura di solenne inviolabilità.

Emmy Rossum - Jason Wu For Target Launch

Eppure, se io sentivo così forte, nei confronti di Virginia, un sentimento di affinità, doveva esserci sicuramente un modo per far crollare le mura che aveva eretto intorno a se stessa.
Ciò che nella mente può sembrare eterno e indistruttibile, nella realtà finiva sempre, prima o poi, per mostrare qualche crepa.
In fondo niente è indistruttibile.
Quando ci si trova davanti ad una barriera che non ha ragione di esistere, occorre prestare molta attenzione ai dettagli.
Notai che quel giorno non portava le calze e vidi che le sue gambe, dal ginocchio in giù, erano straordinariamente simili a quelle di mia madre e, indirettamente, anche alle mie.
Era un pensiero bizzarro, ma mi ricordai che fin dal primo giorno lei mi aveva ricordato alcune foto di mia madre da ragazza.
Per carità, non c'era nessun risvolto edipico in quel paragone, quanto piuttosto un senso di familiarità. Era come se lei fosse una specie di versione femminile di me stesso.
Mi resi conto che non era un'idea così folle o campata in aria. Avevamo alcuni tratti somatici molto simili: il colore e la forma degli occhi, del naso, persino della bocca. Certo, io ero più alto e più robusto, come è normale che sia per un maschio, ma la somiglianza era innegabile.
Mentre pensavo queste cose, la lezione era incominciata ed io stavo prendendo automaticamente appunti, senza capire cosa stesse realmente dicendo la giunonica prof, fino a quando non si mise a scrivere alla lavagna.
Qualcuno le aveva chiesto un ripasso dell'esametro, che per me non era affatto un ripasso, in quanto, avendo fatto il liceo scientifico, non avevo avuto modo di studiare la metrica.
Virginia invece stava seguendo molto tranquillamente, come si evinceva dalla chiarezza dei suoi appunti, molto migliori del pasticcio che Giunone, alla lavagna, stava combinando.
Mi ritrovai così, spontaneamente, senza nessun secondo fine, a copiare dal quaderno di Virginia, dal quale si capiva molto meglio quella strana combinazione di simboli dai nomi strani.
Ecco, quella fu la crepa che fece cadere le mura di Gerico.
Lei infatti notò, vedendomi copiare la suo quaderno, la mia difficoltà a seguire la lezione e probabilmente, unendo questa consapevolezza al fatto che io non la seguivo nelle lezioni di Lingua greca, dovette intuire che io non venivo dal liceo classico. E così, spontaneamente, e forse involontariamente, fu lei a rompere il ghiaccio, chiedendomi: <<Qualche difficoltà con la metrica?>>.
Devo ammettere che fui preso in contropiede, perché tutto mi aspettavo, tranne che quella domanda, anche se a posteriori mi rendo conto che era quasi ovvia.
<<Ehm... sì... molte difficoltà... io sono un "barbaro" dello scientifico, e un "modernista", ovviamente>>
Lei parve divertita dalla mia risposta:
<<Ma anch'io sono una "barbara" dello scientifico, però conosco la metrica e sono iscritta a Lettere classiche>>
Fui preso in contropiede un'altra volta:
<<Ma se non hai fatto il classico, come fai con il greco?>>
Era una conversazione completamente diversa da ciò che avrei mai immaginato, ma sortì comunque l'effetto che desideravo, in quanto andò a toccare un argomento di cui lei andava particolarmente fiera:
<<Lo sto imparando adesso. E' una lingua meravigliosa, che sta alla base di una civiltà meravigliosa>>
Aveva pronunciato quelle parole con divertita naturalezza. La sua voce era limpida, armoniosa, priva di qualsiasi accento.
La mia risposta fu del tutto inadeguata rispetto al fiume di parole che avrei voluto dire:
<<Complimenti!>> e feci pure un cenno di inchino.
Era stato un modo piuttosto buffo e particolare per rompere il ghiaccio, e certamente io mi sentivo abbastanza spiazzato, ma l'importante era che il muro di silenzio tra me e lei fosse crollato.
In fondo, avevo ragione io: niente è indistruttibile.




Cast

Emmy Rossum - Virginia D.

P.s. Il titolo si ispira ad un passo della canzone "Masterpiece" di Madonna, colonna sonora del film W.E. diretto dalla stessa regina del pop.