lunedì 9 marzo 2015

Estgot. Capitolo 42. Per le antiche scale.



Quando Waldemar e Jennifer giunsero alla scalinata che conduceva agli appartamenti privati del Governatore di Estgot, nel maniero di Sleepy Providence, erano ormai le prime luci dell'alba.
Waldemar aveva riflettuto sull'offerta di Jennifer, ma non aveva cambiato idea:
<<E' giunto il momento di separarci. La prossima volta che ci rivedremo, io sarò una persona diversa, spero migliore. E allora ti prometto che la prima cosa che farò sarà liberarti!>>
Jennifer annuì, poi la sua espressione divenne più tranquilla:
<<Prego alla tua presenza che sia così>> poi aggiunse <<Sai, da piccola, quando vivevo ancora con i miei genitori adottivi, i Grimson, avevo un pappagallino brasiliano, una cocorita che si chiamava Rosy ed era tutta gialla. Ogni tanto faceva le uova e le covava finché i miei non gliele toglievano. Alla fine le comprammo un compagno, ma le uova rimasero sterili. 
Una volta, non so come, la porta della gabbia rimase aperta e il maschio volò via, ma lei no.
Io comunque credevo che lei fosse triste e ogni tanto, in casa, la tiravo fuori dalla gabbia e la lasciavo libera, ma lei tornava sempre nella gabbia>>
Waldemar fu sorpreso da questo racconto che sembrava quasi un aforisma zen:
<<La libertà può fare paura>>
Lei approvò e continuò il suo racconto:
<<E' vissuta molto a lungo. Ha passato metà della vita a covare uova sterili. La sua vita non aveva molto senso, ma lei non se ne rendeva conto ed era felice>>
Waldemar colse un'ulteriore morale in quel discorso:
<<Dunque è la presa di coscienza ciò che ci espone all'infelicità?>>
Jennifer rimase pensierosa:
<<Se non fossimo consapevoli che la nostra gabbia è una prigione, potremmo persino amarla come se fosse casa nostra. Ma quando prendiamo coscienza del fatto che potrebbe esistere un'alternativa migliore, allora, be', non ci sono più alibi: se rimaniamo ancora nella prigione è soltanto per paura o, peggio ancora, per pigrizia>>



Waldemar si stupì del fatto che la personalità di Jennifer, ingenua e malinconica, fosse così diversa da quella di Virginia, che era stata molto sicura di sé, e di Jessica, che era furba, dispotica e sarcastica.
Era strano pensare che avessero lo stesso Dna.
Eppure mi sono piaciute tutte e tre. E' come se fossero componenti separate di una stessa persona.
Improvvisamente gli sorse un dubbio:
<<Hai mai conosciuto la Jessica originale, quella che vive a New York?>>
Jennifer sorrise, come se trovasse la domanda molto buffa:
<<Ho conosciuto i suoi genitori, Charles e Marie Claire, che poi erano anche i miei genitori biologici. Erano venuti qui ad Estgot per vedere me e gli altri cloni. Quando chiesi loro com'era la Jessica originale, la risposta fu strana e in un certo senso deludente: dissero che era diversa, ma non migliore di noi>>
Quelle parole suonarono strane e deludenti anche alle orecchie di Waldemar:
<<Ma erano proprio sicuri che quella che avevano cresciuto loro fosse l'originale? La clonazione è avvenuta dopo una fecondazione artificiale in vitro. Siamo sicuri... perdona la crudezza dell'espressione... che quel primo embrione sia stato mai veramente scongelato?>>
Jennifer accennò un lieve sorriso:
<<Ho smesso da tempo di farmi queste domande. Ognuno di noi non è forse una persona unica e insostituibile, non fosse altro che per la diversa formazione che ha avuto? Oppure è vero quello che credono gli Iniziati, quando dicono, basandosi esclusivamente sulla genetica, che ci sono persone di serie A e persone di serie B? 
Non affrettarti a trovare risposte a questi interrogativi, perché potrebbero sorgere considerazioni in grado di minare fin dalle fondamenta le tue certezze>>
Waldemar fu percorso da un brivido.
In fondo io ho sempre ricercato persone speciali. Le altre mi annoiavano. Ma chi sono io per giudicare?
Fece per rispondere, ma lei gli mise un dito sulla bocca:
<<Ti avevo offerto l'opportunità di uscire dalla gabbia, ma tu ci sei voluto rientrare. 
Forse è stata una scelta saggia, o forse non c'era alternativa>> poi si tolse un anello di rubino dall'altra mano e glielo porse: <<Prendi, questo è l'Anello del Fuoco. Te lo dono nella speranza che la Fiamma di Atar ti riscaldi il cuore, perché grandi saranno le tue fatiche e ogni volta la mia preghiera ti sosterrà, preservandoti dalla stanchezza>>



Lui la ringrazio, commosso.
<<Ti prometto che tornerò>>
Si abbracciarono e infine si congedarono:
<<Buona fortuna, Figlio dei Cento Re! Possa il mio dono essere per te una luce in luoghi oscuri, quando ogni altra luce si spegne>>

Fiori