lunedì 6 febbraio 2017

Vite quasi parallele. Capitolo 18. Le nozze di Ettore e Diana.

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Ettore Ricci e Diana Orsini si sposarono nel mese di giugno del 1936 e quella fu l'ultima grande festa della Contea di Casemurate prima della guerra, e l'ultima occasione nella quale gli aristocratici, i borghesi e il popolo sedettero tutti alla stessa tavola.
Era stata un'idea dello stesso Ettore Ricci, che voleva realizzare una sorta di unione corporativa della comunità, sul modello del corporativismo fascista di cui si discuteva in quegli anni.
La famiglia Ricci aveva aderito al fascismo fin dai primi tempi, anche perché il vecchio Giorgio Ricci conosceva personalmente Mussolini, romagnolo e forlivese, prima di ogni altra cosa.
Ettore era il meno politicizzato tra i membri della famiglia Ricci e questo perché non voleva creare divisioni, tenendo anche conto che la famiglia di sua moglie, i Conti Orsini Balducci di Casemurate, erano liberali conservatori di vecchio stampo, alla Benedetto Croce, e dunque piuttosto scettici di fronte al fascismo.
La cerimonia si tenne presso la parrocchia di Pievequinta, poiché la chiesa di Casemurate era troppo piccola per contenere l'enorme numero degli invitati.
Gli aristocratici erano venuti con il desiderio segreto di assistere ad una ridicolizzazione dei raffinati Orsini da parte dei villani Ricci.
I popolani volevano essere testimoni di un evento che sarebbe stato ricordato molto a lungo nei decenni seguenti e che vedeva il trionfo di uno di loro, che per la prima volta entrava a far parte di una famiglia nobile.
Questa volta non ci furono figuracce. Ad occuparsi del "dirozzamento" dello sposo era stata la Signorina De Toschi in persona, l'unica donna che incuteva terrore anche su Ettore Ricci,
Partecipò persino il Generale De Toschi, padre della Signorina Mariuccia, insieme ad un drappello di attendenti e ufficiali in alta uniforme, che sfoderano la spada all'uscita degli sposi dalla pieve.
Diana mantenne un contegno impeccabile, come una principessa, e per alcuni, addirittura, come una dea.
Ma quali erano i suoi reali sentimenti?
Moltissimi anni dopo, in tarda età, confidandosi con i nipoti, Diana Orsini disse che per lei quel matrimonio era stato un sacrificio per salvare la sua famiglia dalla rovina e il Feudo Orsini dalla disgregazione, che avrebbe reso la Contea di Casemurate una facile preda per gli usurai.
Diana, dunque, si sentiva, in un certo senso, la vittima sacrificale di quella cerimonia, e andava incontro al suo destino con il coraggio e la dignità di chi sacrifica se stesso per il bene di altri.
Gli Orsini si salvavano dal disonore del fallimento, ma i veri vincitori erano i Ricci, che di fatto assumevano il controllo del Feudo e della Villa.
Tra i vincitori bisognava annoverare tutti i sostenitori di quel matrimonio, e per primi Michele Braghiri, amministratore del Feudo, e sua moglie Ida, la governante della Villa.
I coniugi Braghiri divennero ricchi e potenti nel giro di pochissimo tempo e seppero rendersi indispensabili sia agli occhi di Ettore Ricci, sia a quelli di Diana Orsini.
Ettore si sentiva alla pari di un re, e come tutti i re desiderava fortemente un erede maschio.
Diana però gli diede solo figlie femmine: Margherita nel 1937, Silvia nel 1940 e Anna nel 1944.

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