lunedì 20 febbraio 2017

Vite quasi parallele. Capitolo 33. I conflitti interiori di Silvia Ricci


Silvia Ricci era la figlia secondogenita di Ettore Ricci e di Diana Orsini Balducci di Casemurate.
Per sua fortuna assomigliava più a sua madre che a suo padre, soprattutto fisicamente.
Per quanto il suo cognome fosse Ricci, Silvia era e si sentiva prima di tutto una Orsini.
Nata nel 1940, ricordava fin troppo bene gli anni della guerra.
E tuttavia, essendo in quel periodo ancora molto piccola, li aveva vissuti come se fossero un gioco.
I suoi traumi non derivarono dall'essere spettatrice della più terribile tra le guerre della Storia, bensì dalle tensioni familiari, soprattutto dopo il presunto suicidio di sua zia Isabella, a cui era molto affezionata.
In particolare soffriva molto nell'assistere al fallimento del matrimonio dei suoi genitori.
Una delle cose che la faceva soffrire di più era l'accusa, da parte di Ettore nei confronti di Diana. di non avergli dato un figlio maschio, ma solo "tre femmine inutili".
Silvia, nel sentire quei discorsi, aveva maturato, senza rendersene conto, perché era ancora bambina, un senso di colpa per il suo essere "figlia femmina" e non l'agognato erede maschio che suo padre desiderava a tutti i costi.
Va detto, tuttavia, che Ettore non era cattivo con lei: a volte poteva essere perfino affettuoso, ma Silvia si rendeva conto che suo padre era ossessionato dalle brame di ricchezza e potere, così come dai forti appetiti, specialmente nei confronti delle belle donne.
Per questo era consapevole che Ettore Ricci poteva diventare, se contrariato, un uomo molto pericoloso.
Silvia, sapendo di essere sua figlia, si chiedeva quale elemento caratteriale avesse ereditato da lui.
Sentiva che c'erano alcuni aspetti, in lei, che venivano dal padre: una certa ostinazione, una buona dose di ambizione, una volontà di realizzare qualcosa di importante.
Percepiva un conflitto dentro di lei: era come se sua madre e suo padre continuassero a litigare nella sua mente, come se i Ricci e gli Orsini si facessero la guerra anche all'interno della sua personalità.
Forse era anche per questo che aveva implorato i suoi genitori di mandarla in collegio.
Diversamente dalle sue cugine, le gemelle Clara e Benedetta Papisco, che in collegio sentivano la mancanza dei genitori, Silvia si sentiva finalmente libera. Preferiva di gran lunga il collegio delle suore all'atmosfera cupa e piena di intrighi di Villa Orsini.
A scuola era molto brava, molto brillante e decisamente molto promettente.
Ogni tanto sua madre veniva a trovarla, ma Silvia sapeva che quelli erano gli stessi giorni in cui Diana andava a trovare l'amante, e per quanto non la biasimasse per questo, tuttavia era preoccupata che qualcosa di terribile sarebbe potuto accadere.
<<Mamma, devi stare attenta. Non voglio che tu faccia la fine di zia Isabella>>
Diana allora stringeva forte le mani della figlia:
<<Silvia, tu sei una ragazza forte e intelligente, oltre che molto bella. Andrai all'università, diventerai qualcuno, e potrai lasciarti alle spalle tutte le angosce della tua infanzia. Non aver paura per me. Non posso dirti altro, ma non sono io ad essere in pericolo, e nemmeno tu.
Qualunque cosa dovesse succedere a Villa Orsini, tu dovrai andare avanti per la tua strada.
E forse un giorno, quando il peggio sarà passato, potrai ritornare nei luoghi della tua infanzia e far sì che diventino, per i tuoi figli, se vorrai averne, quel luogo felice che non sono stati per me e per te>>