venerdì 30 giugno 2017

Vite quasi parallele. Capitolo 77. Lambrugo Bava, detto "Tra Virgolette", Commissario pro tempore del Feudo Orsini.

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Dopo le inevitabili dimissioni del Consiglio di Amministrazione, la gestione del Feudo Orsini fu affidata dal Tribunale ad un Commissario pro tempore.
La scelta cadde su un personaggio a dir poco sgradevole.
Si trattava di un certo Lambrugo Bava, detto "Tra Virgolette" a causa di un intercalare che usava in continuazione (accompagnandolo con un gesto delle dita di entrambe le mani, a mimare le suddette virgolette), un sessantenne afflitto da forfora e alitosi, con i capelli perennemente unti, la faccia sudata, i denti gialli, la voce stridula e nasale, gli abiti logori che forse erano stati di moda venticinque anni prima, e un modo di fare affettato e viscido, come del resto era anche la sua moscia stretta di mano.
Si presentò a Villa Orsini all'ora del tè, con un completo gessato scompagnato, che aveva decisamente visto tempi migliori, e un'orribile cravatta verde elettrico, e fu fatto accomodare nel Salotto Liberty.
Quando Diana Orsini gli chiese se voleva una tazza di tè, lui, con un sorrisetto lezioso e con voce querula in falsetto, dichiarò:
<<Preferirei un caffè doppio, alto e amaro>>
Nel dire questo divenne color lilla in faccia e nelle mani.
Fu a quel punto che tutti i presenti incominciarono a percepire l'odore del suo alito.
Inizialmente rimasero confusi per il fatto che si trattava di un alito diverso da quelli normalmente considerati pesanti, nel senso che quel lezzo era troppo fetido per poter provenire da una bocca umana.
Pertanto incominciarono a formulare mentalmente le più svariate ipotesi.
Come poi emerse, dopo che "Tra Virgolette" se ne fu andato, tutti i presenti avevano inizialmente pensato che quel fetore rivoltante dovesse provenire da una cacca di cane pestata dal dottor Lambrugo Bava.
Purtroppo però avevano dovuto ricredersi.
Quell'inequivocabile puzza di merda (perdonateci il francesismo) proveniva altrettanto inequivocabilmente dall'alito del dottor Bava.
Il caffè doppio amaro non fece che peggiorare la situazione.
Ben presto la maggior parte dei presenti lasciò la stanza in preda alla nausea e al disgusto.
Ettore Ricci e sua figlia Isabella resistettero, perché era di vitale importanza capire se quel fetido e viscido personaggio fosse almeno in grado di gestire un'azienda.
La sua frase d'esordio lasciò al riguardo ben poche speranze.
Con un ghigno untuoso e una voce nasale e petulante, emise una zaffata micidiale:
<<Io concepisco l'amministrazione di un'azienda come se fosse, tra virgolette, un insieme di "mattoncini lego">>
Cercando di evitare l'impatto massiccio dell'ultima zaffata del signor Tra Virgolette (detto da allora anche Mattoncini Lego), Ettore Ricci gli chiese di spiegarsi meglio.
Lambrugo Bava continuò a parlare per un'ora, appestando non solo il Salotto, ma tutta la casa, perché la pesantezza puzzolente del suo fiato sembrava penetrare attraverso ogni interstizio:
<<Intendo dire che per me un'azienda è, tra virgolette, un "investimento diversificato", fatto di tanti diversi mattoncini da combinare in modo tale che, tra virgolette, "il paniere" sia ben equilibrato>>
Ettore Ricci, asfissiato dalla mancanza d'ossigeno in quella stanza ormai piena di zolfo, si allarmò a tal punto da perdere quasi conoscenza, e solo con grande sforzo alla fine protestò:
<<Ma amministrare un'azienda non è come gestire un portafoglio azionario! Il concetto di diversificazione del rischio non si può applicare allo stesso modo. Un'azienda ha una sua attività principale che non deve in nessun modo essere sacrificata>>
"Tra Virgolette" Bava continuò a ghignare e ad emettere gas mefitico da quella bocca che sembrava una cloaca:
<<Stia tranquillo, signor Ricci, con me la sua azienda si trova, tra virgolette, "in una botte di ferro". Vedrà che un mattoncino dopo l'altro io costruirò un'azienda nuova, con agriturismi, campi da golf, laghi di pesca sportiva, parchi da gioco per bambini e per cani, alberghi, insomma tra virgolette, un "resort">>
A quel punto Ettore Ricci esplose:
<<Questa non è una zona turistica! Ci sono porcili e pollai e inceneritori di biomassa! Lo sa chi sperperò tutto il suo patrimonio in minchiate simili a quelle che ha detto lei? Lo fece il mio defunto suocero, il Conte Achille Orsini di Casemurate, e la sua famiglia andò in rovina!>>
Lambrugo Bava non si lasciò minimamente scalfire ed emise l'ennesima nube tossica di alito:
<<Ma quelli erano altri tempi! Adesso viviamo in un mondo, tra virgolette, "green", che cerca un divertimento, tra virgolette, "eco", mi verrebbe da dire che la presenza di porcili e pollai, con il loro odore così caratteristico, sia un fattore, tra virgolette "folk" e tra virgolette "etno" che conferisce al tutto quel sapore tra virgolette "vintage" che è così tra virgolette "trendy"...>>
A quel punto Ettore Ricci non riuscì più a contenersi:
<<Basta con queste cazzate! Le ricordo che un Commissario pro tempore deve occuparsi solo dell'ordinaria amministrazione e non degli investimenti straordinari! Lo tenga bene a mente! Non le permetterò di buttar via il lavoro di tutta la mia vita! E adesso fuori da casa mia! 
E se vuole un consiglio, si lavi i denti, prima di andare ad appestare la casa della gente!>>
Poco ci mancò che lo prendesse a calci.
Dopo che finalmente Lambrugo Bava ebbe preso congedo, salutando con la mano sudaticcia i pochi presenti che si erano avventurati nell'atrio completamente invaso dal gas tossico, fu necessario tenere aperte tutte le finestre di Villa Orsini per tre giorni e tre notti, al fine di cacciare via quell'orrendo tanfo che era penetrato fin nei suoi angoli più reconditi.