lunedì 8 gennaio 2018

Vite quasi parallele. Capitolo 100. Galeotto fu Dante

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L'esame di Letteratura Italiana si avvicinava e Ilaria e Riccardo decisero di prepararlo insieme, almeno per quel che riguardava la parte scritta. I titoli dei temi infatti erano sempre così suddivisi: uno su Dante, uno su un periodo della storia della letteratura e un altro sull'analisi di un testo poetico o in prosa.
Per non far arrabbiare le amiche, Ilaria ripassava con loro la storia della letteratura e le analisi testuali, mentre con Riccardo preparava la Divina Commedia e tutte le altre opere di Dante, i cui testi andavano portati integralmente all'esame.
Entrambi amavano molto il Sommo Poeta fiorentino, e ne conoscevano svariati passi a memoria.
Riccardo, oltre ai passi della Divina Commedia, aveva memorizzato anche i sonetti della Vita Nova, e in particolare quello divenuto uno dei testi più famosi della letteratura italiana e mondiale e cioè Tanto gentile e tanto onesta pare.
Poteva essere l'occasione giusta per creare un'atmosfera romantica, cortese e cavalleresca, com'era l'epoca in cui quel testo fu scritto in lode di Beatrice Portinari.
Si trovavano nell'appartamento di lui, a "Mascarel Palace", nell'intimità del cortile interno privato, sotto un pergolato di rose in fiore (era maggio). 
Sembrava che tutto l'universo cospirasse in loro favore.
Riccardo decise così di recitare questi versi guardando Ilaria negli occhi:

« Tanto gentile e tanto onesta pare
la donna mia, quand'ella altrui saluta,
ch'ogne lingua devèn, tremando, muta,
e li occhi no l'ardiscon di guardare. 

Ella si va, sentendosi laudare,
benignamente d'umiltà vestuta,
e par che sia una cosa venuta
da cielo in terra a miracol mostrare. 

Mostrasi sì piacente a chi la mira
che dà per li occhi una dolcezza al core,
che 'ntender no la può chi no la prova; 

e par che de la sua labbia si mova
un spirito soave pien d'amore,
che va dicendo a l'anima: Sospira»

Per tutto il tempo della declamazione, Riccardo aveva continuato a rivolgersi direttamente a Ilaria e lei aveva sostenuto il suo sguardo, e si era commossa.
A quel punto, essendosi creata un'atmosfera propizia, Riccardo aggiunse:
<<Ci sarebbero altri due o tre versi che mi sono permesso di scrivere pensando a te:

Non celare la luce tua chiara
sotto oscuri moggi, Egeria, ora
che il coro delle Muse ci blandisce,
nello specchio di Fonte sempiterna
dove tardi t'incontrai. Rifiorisce
così la timida speranza che illude
talora i volti degli adolescenti.
M'avvolse la magia in te, e vidi poi
tornare in alto ad ardere le favole.
Ninfa e Fata delle selve bisbiglianti,
che sussurrasti a Numa parole di sapienza,
e incantasti Merlino a Broceliande,
come Venere e Viviana con te porti
perenne giovinezza e rinascenza.
L'inverno ormai passato già si scioglie
al pensiero del tuo volto,
ed il canto intenerisce anche le pietre
che ci gravano sul cuore>>

Lei rimase stupefatta:
<<Ma l'hai scritta davvero tu?>>
Lui si mise una mano sul cuore:
<<Sì, e l'ho scritta per te, pensando a te, perché tu sei... e sarai sempre... la mia ninfa Egeria>>



Ilaria era sorpresa e disorientata, ma nello stesso tempo anche sorridente e felice:
<<Nessuno aveva mai scritto una poesia per me. E soprattutto non una poesia così bella!>>
Riccardo si sedette di fianco a lei:
<<E' quello che provo per te. Volevo che tu lo sapessi>>
Lei lo fissò per qualche istante con i suoi occhi grandi e scuri, continuando a sorridere:
<<Il mio dolcissimo Hogwarts...>>
Con una mano gli scompigliò i capelli e con l'altra gli prese la cravatta in stile Grifondoro e lo attirò a sé.
Si scambiarono il loro primo bacio, e fu per entrambi un'esperienza nuova, perché nelle loro precedenti relazioni non c'era mai stato un così grande romanticismo.
Entrambi si erano preparati bene a quell'evenienza.
La bocca di lei sapeva di fragola e quella di lui sapeva di menta, perché da tempo erano consapevoli che quell'incontro esigeva l'assoluta perfezione sia dei sensi che dei sentimenti.
In quel momento Riccardo provò una gioia così intensa che mai prima aveva conosciuto.
Gli sembrò di aver atteso quel momento per tutta la vita, e tutto ciò che era accaduto prima gli apparve opaco rispetto allo splendore di quel momento.
L'inverno del suo scontento pareva terminato, sotto i raggi di quel sole che brillava davanti a lui.
L'opaca trafila delle cose che si erano succedute fino ad allora aveva ceduto il posto ad un senso di completezza e di condivisione che colorava un universo precedentemente grigio.
C'era una profondissima tenerezza in quel bacio e in quell'abbraccio, un senso di reciproca protezione, di assoluta condivisione, di dolcissima consapevolezza di non essere più soli, di aver trovato qualcuno con cui sentirsi in perfetta sintonia e con cui scambiare tutto quell'amore che per tanto tempo era rimasto nascosto dietro altissime pareti di ghiaccio.
Nessuno dei due aveva dubbi sul fatto di aver avuto la più grande fortuna possibile, ossia aver trovato l'anima gemella.
A nessuno dei due venne in mente, né quel giorno, né nei mesi successivi, quando la loro relazione si consolidò, che l'amore, anche il più grande, non è sufficiente per far funzionare una storia.
C'erano molti argomenti taciuti e molti nodi che ancora non erano venuti al pettine, nelle loro vite.
E infine c'era una considerazione di fondo.
Lei era molto più giovane di lui e anche molto più bella, e più intelligente, e più simpatica e più stabile caratterialmente. Ma questo sarebbe emerso solo molto tempo dopo, e avrebbe messo in evidenza problemi che in un primo momento erano sembrati inconsistenti.
Fu un errore, da parte di Riccardo, l'aver tenuto nascoste le sue debolezze, gran parte del suo passato personale e familiare, e persino la sua vera età?
Forse sì, forse fu un vero peccato.
Ma era davvero un peccato imperdonabile?
Come scrisse un poeta nei tardi anni: 
"D'amore non esistono peccati. Esistono soltanto peccati contro l'amore".
E quelli sì, sono imperdonabili.