lunedì 15 gennaio 2018

Vite quasi parallele. Capitolo 105. L'inverno del nostro scontento

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Il 2011 era stato difficile per tutti: la crisi dei debiti sovrani aveva fatto calare sull'Europa la scure dell'austerity, e l'Italia ne aveva subito le conseguenze in maniera particolare.
Nel Mediterraneo era tornata la guerra: Libia e Siria erano dilaniate da un conflitto interno destinato a inasprirsi e ad alimentare il terrorismo, le migrazioni, e un clima da nuova guerra fredda tra gli Stati Uniti e la Russia.
Questo scenario desolante rimetteva in discussione tutto ciò che fino a pochi anni prima sembrava scontato, soprattutto riguardo alle grandi tematiche economiche, sociali e geopolitiche.
Riccardo Monterovere, come gran parte degli studenti universitari, aveva una visione teorica e ancora ingenua della realtà, dovuta ad una mancanza di esperienza concreta nei contesti reali dove più si percepivano le conseguenze delle scelte politiche delle classi dirigenti.
Tuttavia gli eventi drammatici che avevano colpito la sua famiglia in quell'annus horribilis lo avevano costretto per la prima volta a confrontarsi con le questioni pratiche di chi ha assunto controvoglia la "reggenza" dell'amministrazione famigliare.
Per quanto potesse contare sul sostegno immediato degli zii e dei cugini, c'erano questioni che Riccardo doveva affrontare da solo.
Gli tornarono alla mente gli anni in cui aveva lavorato in banca e aveva previsto la crisi finanziaria molto prima di tutti gli eminenti economisti cattedratici divenuti poi Presidenti del Consiglio o Governatori della Banche Centrali.
Ora con questa crisi doveva farci nuovamente i conti, perché le cure mediche di cui i suoi genitori avevano assoluto bisogno erano soltanto parzialmente coperte dal servizio sanitario nazionale.
Ma ancora più grave era la questione dell'assistenza.
Francesco e Silvia non erano più autosufficienti: lui, in quanto cardiopatico grave, non doveva fare sforzi di alcun tipo; lei in quanto ipovedente a causa di una maculopatia degenerativa e sofferente di linfoma, necessitava di assistenza nello svolgere le proprie attività e nel recarsi presso le strutture mediche.
Riccardo dunque, col consenso del medico di famiglia, avviò la procedura per richiedere la certificazione dell'invalidità civile dei genitori, al fine di ottenere una indennità di accompagnamento.
Ma dovette fare i conti sia con la burocrazia che con l'austerity.
I tempi furono molto lunghi e l'esito, alla fine, fu scandaloso.
E entrambi venne riconosciuto soltanto il 74% di invalidità, senza esenzioni significative e soprattutto senza indennità di accompagnamento.
Questo fu il primo duro schiaffo che ricevette dalle pubbliche amministrazioni.
A ciò si aggiunse poi una marea di tasse: il nuovo governo Monti aveva pesantemente aumentato le tasse sugli immobili, e questo fu il colpo di grazia non solo per il settore edilizio e immobiliare italiano, ma anche per il già scricchiolante bilancio della famiglia Monterovere, il cui patrimonio era costituito, all'epoca, quasi esclusivamente di beni immobiliari.
Fu anche la rovina definitiva del "feudo" Orsini.
In una delle ultime riunioni familiari, Diana Orsini fece presente che, col nuovo regime di tassazione patrimoniale degli immobili previsto dalla legge finanziaria, non era più possibile far fronte alle spese di manutenzione e di conseguenza era necessario mettere in vendita sia la Villa che i terreni.
L'idea che persino la Villa Orsini, il gioiello di famiglia, dovesse essere venuta, fu un colpo durissimo per tutti.
Diana cercò di minimizzare:
<<Non preoccupatevi. Ci vorrà molto tempo per trovare un acquirente disposto a farsi carico di questo rudere, e nel frattempo io sarò già morta e sepolta>>
Le due figlie che erano rimaste in campagna, e cioè Margherita Spreti e Isabella Zanetti, erano sempre state contrarie alla vendita, ma di fronte all'evidenza dei bilanci, poiché l'aritmetica non è un'opinione, dovettero cedere.
Si respirava un clima di "abdicazione" e di "fine della dinastia", e questo proprio nel momento in cui la matriarca stava morendo.
Il mese di dicembre portò con sé un inverno funesto.
Lo spirito del Natale presente era già di per sé triste, per la malattia di Silvia e Francesco, per i problemi finanziari e per la lontananza di Ilaria, che era partita per l'Erasmus in Grecia, ma la situazione divenne ancora più dolorosa quando, il 27 dicembre, giunse da Casemurate una notizia che Riccardo non avrebbe mai voluto sentire: sua nonna Diana Orsini si era spenta nel sonno alle 7 del mattino, vegliata dalle figlie Isabella e Margherita.
La veglia funebre fu uno strazio, alleviato soltanto dall'affetto degli abitanti di Casemurate, che vennero numerosi per un estremo saluto alla loro ultima Contessa.
I funerali, nel rispetto delle disposizioni che Diana stessa aveva dato, si svolsero in maniera molto sobria.
Questa grande donna, che con la sua personalità aveva fatto fronte per quasi un secolo a tutti gli eventi della vita e della storia, proteggendo la comunità locale e la propria famiglia, se ne andò in punta di piedi, con la leggerezza di una piuma fluttuante nel cielo.